Storia del doppiaggio: Il periodo del boom

Da Enciclopedia del Doppiaggio.it.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Storia del doppiaggio.
Marcello Prando doppia Renato Salvatori ne I soliti ignoti (1958), di Mario Monicelli

Scheda a cura di Gerardo Di Cola

Indice

La grande commedia all'italiana: I soliti ignoti

«Non posso lasciare Carmelina sola e poi se lo viene a sapere lo sposo...addio matrimonio. Quello è abruzzese, gente del nord...piena di arie...». Con questa battuta, Tiberio Murgia, sardo di Oristano, entra nel mondo dei caratteristi del cinema italiano, interpretando Michele, detto Ferribotte, ne I soliti ignoti di Mario Monicelli. Il personaggio, pensato dagli autori del soggetto, Agenore Incrocci e Furio Scarpelli, è un siciliano chiuso e gelosissimo della sorella Carmelina. Murgia risponde così bene alla fisicità del siculo nerboruto che Monicelli, in compagnia di Age in un ristorante romano dove Tiberio lavora, lo scrittura all'istante senza fargli i provini di rito. Age, che sostiene la necessità di usare il dialetto siciliano per comporre - ossatura del racconto - quel mosaico di personaggi provenienti da ogni parte d'Italia, mostra perplessità nella scelta di utilizzare un sardo. Il regista gli risponde che il doppiaggio è stato inventato da un trentennio e gli esprime anche l'idea, maturata in quel momento, di farlo doppiare in un siciliano tanto stretto da giustificare i sottotitoli[1]. Un giornalista isolano, venuto a conoscenza della trovata paradossale, ne parla in modo accademico in ambienti culturali palermitani non pensando di suscitare clamore. La notizia si sparge e la reazione è tanto veemente che Monicelli deve desistere dall'idea di sottotitolare il siciliano.
L'Italia del 1958 sta assistendo al più grosso sforzo produttivo della sua storia per sorreggere una domanda sempre crescente di beni di consumo a cui gran parte degli italiani può finalmente accedere. I tanti siciliani, che si sono spostati nel nord produttivo per concretizzare il sacrosanto desiderio di benessere, potrebbero risentirsi della "trovata registica", e avvertire ancora di più il senso di isolamento che li attanaglia in quelle città dove si sono dispersi per sostenere con il loro lavoro il boom economico, e dove è scarsa l'attenzione nei loro confronti quando non è di aperta ostilità. Si decide di doppiare Murgia.

Franco Cristaldi, produttore del film, è d'accordo con Monicelli nell'affidare il compito ad un doppiatore esperto, capace di recitare in dialetto siciliano, e in possesso di una voce non facilmente riconoscibile. Certamente non ci si può rivolgere alla CDC i cui attori, pur se sconosciuti nei volti, sono riconoscibilissimi nelle voci almeno ai più attenti e assidui spettatori[2]. Cristaldi e Monicelli decidono di rivolgersi alla CID che in prevalenza cura i doppiaggi di film europei e, in particolare, si va specializzando nella post-sincronizzazione di quelli italiani. L'idea vincente della società è di guidare nell'auto-doppiaggio gli attori italiani in difficoltà di fronte ad un leggio e ad un microfono, sempre se gli impedimenti sono superabili. Mario Maldesi, tra i più entusiasti assertori di questa politica, è scelto per dirigere il doppiaggio de I soliti ignoti. La scelta dell'attore che deve far parlare Ferribotte cade su Renato Cominetti, napoletano di nascita ma di origini siciliane (il padre, Salvatore Papa, è stato attore dialettale siciliano). Egli è esperto nell'arte del doppiare, frequentando le sale di sincronizzazione dall'immediato dopoguerra per conto della ODI. Cominetti, che è uomo schivo e riservato, dà forti garanzie di discrezionalità per il solito timore di far conoscere una realtà, quella del doppiaggio, che è meglio tenere celata. È necessario non "rigare" l'immagine dell'attore doppiato. Ma l'anonimato serve anche al doppiatore che così può continuare a sostituirsi al doppiato senza suscitare clamori[3]. Si crea un forte e duraturo sodalizio tra il volto di Murgia e la voce di Cominetti. Age e Scarpelli hanno immaginato una combriccola di scombinati "furtaroli" che tentano, maldestramente, il colpo risolutivo per uscire dalla condizione di indigenza in cui vivono. Nella parte del più scalcinato del gruppo, Capannelle, è chiamato Carlo Pisacane, attore teatrale napoletano con esperienze saltuarie nel cinema fin dal '32. Il personaggio scaturito dalla fantasia degli sceneggiatori deve, però, essere un bolognese trapiantato a Roma. Un altro importante attore della ODI, da poco in CID, l'udinese Nico Pepe, è scelto per far parlare Pisacane in bolognese.

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La sceneggiatura prevede cinque sprovveduti tra cui il personaggio di Mario Angeletti. La parte è affidala a Renato Salvatori che per l'occasione parla grazie a Marcello Prando[4]. Inevitabile l'incontro tra Mario, bello e aitante, e Carmelina, bella e attraente. Cristaldi propone nella parte di Carmelina, Claudia Cardinale, una giovane quasi debuttante, nata a Tunisi da genitori italiani, da poco in Italia, bellissima e prosperosa, dotata di una fotogenia straordinaria a cui, però, si contrappone fonogenia disastrosa, almeno per quel tempo. Per far recitare colei che diventerà un altro mito del cinema italiano si sceglie la voce di Lucia Guzzardi, attrice siciliana poco conosciuta. Tra il 1958 e il 1962 la Cardinale interpreta, in ruoli via via sempre più importanti, una quindicina di film con i maggiori registi tra cui Zampa, Germi, Loy, Bolognini, Zurlini; in nessun caso le è permesso di recitare con la sua voce poco limpida e soffocata[5]. Rita Savagnone la doppia in Tre straniere a Roma, Il bell'Antonio, La viaccia, e in Un maledetto imbroglio con Lydia Simoneschi, voce di Eleonora Rossi Drago, Giuseppe Rinaldi di Franco Fabrizi, Massimo Turci di Nino Castelnuovo. In Napoleone ad Austerlitz Claudia, che sfodera nella parte di Paolina un generosissimo decolté, è doppiata da Maria Pia Di Meo, essendo la Savagnone impegnata a far parlare Daniela Rocca. Il doppiaggio è diretto da Giulio Panicali che si riserva anche il piacere di far recitare, con la sua voce felpata, Rossano Brazzi. Panicali impegna Nando Gazzolo per Jean Marais, il cognato Emilio Cigoli per Jack Palance, Dhia Cristiani per Anna Moffo, Glauco Onorato per Ettore Manni, Massimo Turci per Jean-Louis Trintignant, Giorgio Capecchi per Michel Simon,... Adriana Asti si sostituisce alla Cardinale in Vento del sud, I delfìni. I doppiaggi di questi due film sono affidati dal produttore Cristaldi ancora a Mario Maldesi. Egli è assistito da un'attrice, Ornella Cappellini, con la quale da poco ha instaurato una stretta collaborazione. Anche la Cappellini condivide fortemente la scelta di tentare qualsiasi cosa per permettere agli attori di auto doppiarsi[6]. Cristaldi, che nel frattempo si è legato sentimentalmente alla Cardinale riproponendo vicende già viste (Dino De Laurentis-Silvana Mangano e Carlo Ponti-Sophia Loren), ritiene Claudia meritevole di vincere il Nastro d'argento. Il produttore è consapevole che prima o poi l'occasione si presenterà, ma due sono le condizioni senza le quali difficilmente il progetto può trovare personaggio femminile forte e centrale che possa mettere in risalto le indiscusse doti recitative di Claudia, oltre alla straordinaria avvenenza; la necessità da parte della stessa di recitare con la propria voce non essendo per regolamento contemplata la possibilità di premiare gli attori doppiati.

Claudia Cardinale, Visconti e il doppiaggio

Corre l'anno 1960. Un anno importante per la produzione italiana che riesce a riconquistare una posizione di primo piano nella cinematografia mondiale grazie ad alcuni capolavori tra cui Rocco e i suoi fratelli con il quale Luchino Visconti mostra al mondo intero l'altra faccia del boom economico. Un boom che permette alla disoccupazione di scendere mentre sale il tenore di vita, anche se dilaga la vendita a credito per mezzo della quale chiunque può entrare in possesso di beni sempre più diversificati e attraenti. Dal tempo della guerra i salari sono più che raddoppiati, la vita non è mai stata così prodiga di comodità e lussi, i sogni non sono più irraggiungibili; il benessere viene vissuto nella spensierata certezza che possa proiettarsi stabilmente nel futuro. Ma il prezzo da pagare è vivere la disgregazione familiare e sociale nell'ansia di non poter raggiungere ciò che il boom promette. Le vicende personali dei cinque fratelli Parondi, che sradicati dall'assolata Sicilia si ritrovano immersi in una Milano dalle atmosfere pesanti e ostili, inevitabilmente si caricano di toni drammatici nell'impatto con una società dove le "regole" sono altre. Visconti chiama Claudia Cardinale ad interpretare il personaggio di Ginetta Giannelli; una parte non ancora da protagonista, ma certamente importante per l'attrice che incontra uno dei maestri del cinema italiano. In sede di doppiaggio il grande regista, coadiuvato dalla coppia Maldesi-Cappellini, preferisce far recitare, al posto della Cardinale, Luisella Visconti, non potendo utilizzare la voce della Asti che ricopre nel film il ruolo della impiegata della stireria[7]. Gli attori stranieri Alain Delon (Rocco Parondi), Annie Girardot (Nadia), Katina Paxinou (Rosaria Parondi), Roger Hanin (Duilio Morini), hanno la voce, rispettivamente, di Achille Millo, Valentina Fortunato, Cesarina Gheraldi, Gianni Bonagura. Fulvia Mammi è scelta per doppiare Alessandra Panaro (Franca); mentre i provini eseguiti per la voce da dare a Rocco Vidolazzi (Luca Parondi) non incontrano il favore di Visconti. Il regista, che non presiede alle audizioni, ha esplicitamente chiesto a Maldesi di non provinare ragazzine. Ma quando altre voci di ragazzi sono scartate da Visconti, Ornella Cappellini pensa di provare la sorella, Alida. Il regista, che è ignaro di ascoltare una voce femminile, non ha dubbi su quella timbrica che ritiene facilmente plasmabile sul personaggio di Luca[8]. Rocco Vidolazzi trova in Alida Cappellini la voce che dà spessore al suo personaggio come Guido Martufi in quella di Flaminia Jandolo ne I vitelloni, e Pablito Calvo in quella di Ludovica Modugno in Marcellino pane e vino. Nel 1960 il Premio Strega per la narrativa viene assegnato al romanzo La ragazza di Bube di Carlo Cassola. Gastaldi, intuendo le grosse potenzialità che offre il testo per una trasposizione cinematografica, acquista i diritti per far rivi-vere sullo schermo le vicende legate a Mara, una ragazza di campagna che, attraverso l'amore per un ex partigiano, prende coscienza della realtà dopo che le vicende belliche hanno messo a nudo tutti i limiti del regime fascista appena scomparso. Il produttore affida la sceneggiatura a Marcello Fondato, la fotografia al teramano Gianni Di Venanzo, le musiche a Carlo Rustichelli, il montaggio a Nino Baragli, la regia a Luigi Comenincini e a Claudia Cardinale il ruolo di Mara Castellucci. Per la splendida Claudia il primo passo verso il Nastro d'Argento è compiuto. Il secondo è legato alla capacità dell'attrice di recitare con la sua voce nella post-sincronizzazione del film[9]. Cristaldi chiama a dirigere il doppiaggio de La ragazza di Bube il solito Maldesi che a sua volta affida la Cardinale alle cure della Cappellini con il compito di insegnare a Claudia le tecniche per auto doppiarsi. Non è una questione di dizione in quanto Claudia ha frequentato per qualche tempo il Centro Sperimentale di Cinematografia. Neanche il timbro della voce si rivela un grosso impedimento. È soprattutto un problema di ansia che rende l'attrice incerta; ansia fondamentalmente legata alla non accettazione della propria voce e al timore di non riuscire a tenere il sincronismo tra il movimento delle labbra e l'emissione delle sillabe. La Cappellini più che maestra di doppiaggio è buona psicologa![10]

Claudia Cardinale vince il suo primo Nastro d'Argento con ogni merito. La sua voce rivela tali e particolari timbri che la sensualità della sua prorompente bellezza ne esce accresciuta. Da allora, pur sempre con una certa ritrosia, può auto-doppiarsi; ciò avviene soprattutto nei film italiani tra cui Il magnifico cornuto, Gli indifferenti e Vaghe stelle dell'Orsa dove Claudia si trova a recitare in sala di sincronizzazione con alcuni mostri sacri del doppiaggio come Massimo Turci, voce di Jean Sorel, Giuseppe Rinaldi di Michael Craig, Andreina Pagnani di Marie Bell. La Cardinale, grazie anche alle atmosfere che Visconti ha voluto creare e alle quali la voce roca di Claudia si adatta a meraviglia, regge bene il confronto con i doppiatori professionisti, inarrivabili per dizione, timbri e tonalità, recitazione. Ma ne Il Gattopardo Visconti stesso ritiene opportuno far doppiare la Cardinale per le inflessioni siciliane richieste dal personaggio di Angelica Sedar[11]. Maldesi, chiamato a dirigerne il doppiaggio, sceglie Solveig D'Assunta (la voce di Sally Spectra in Beautiful, sic!) che è la figlia di Rocco, un noto caratterista siciliano. Con Solvejg recitano anche Corrado Gaipa per Burt Lancaster (principe don Fabrizio Salina), Carlo Sabatini per Alain Delon (Tancredi, il nipote del principe), Isa Bellini per Anna Maria Bottini (m.lle Dombreuil, la governante), Gianni Bonagura per Giuliano Gemma (generale dei garibaldini); nelle vesti di prestatori di voce anche Lando Buzzanca (Serge Reggiani, don Ciccio Tumeo) e Ferruccio De Ceresa (Leslie French, Chevalley) non abitualmente impegnati come doppiatori. Ne Il Gattopardo recitano con la loro voce famosi attori che nel doppiaggio rivestono un ruolo di primaria importanza come Rina Morelli (Maria Stella, moglie del principe), Paolo Stoppa (don Calogero Sedara), Ivo Garrani (generale Pallavicino), Lola Braccini (donna Margherita), Marcella Rovena e Tina Lattanzi, la regina del birignao. Nel 1967 Damiano Damiani affida alla Cardinale ancora un ruolo di siciliana, quello di Rosa Nicolosi, in Il giorno della civetta. Il doppiaggio è eseguito dalla CDC. Rita Savagnone, che ha già in passato usato il dialetto siculo per doppiare Stefania Sandrelli (Angela) e Daniela Rocca (Rosalia) in Divorzio all'italiana, è scelta per far recitare Claudia. Alla doppiatrice viene chiesto di caricare i toni e rendere la voce più roca così da avvicinarsi ai timbri della Cardinale voluttuosamente bella come mai prima. Nella parte del Capitano Bellodi recita Franco Nero, che però è doppiato da Sergio Graziani. Lee J. Cobb (don Mariano Arena) ha la voce di Corrado Gaipa, il quale dalla CID si è trasferito in CDC con il compito di sostituire Giorgio Capecchi.

Stefania Sandrelli si affaccia alla ribalta del cinema italiano

Ancora la Savagnone accorre in soccorso della Cardinale per farla recitare, con accenti romani, nel capolavoro di Luigi Magni, Nell'anno del Signore, dove Robert Hossein ha la voce di Rinaldi, Renaud Verlay di Turci e Britt Ekland di Maria Pia Di Meo che divide con la Savagnone e Vittoria Febbi lo spazio riservato alle più belle voci femminili dell'epoca. Se si è obbligati a doppiare la Cardinale quando ci sono di mezzo i dialetti, meno comprensibile risulta la scelta di far recitare qualcun altro al posto suo se il film è di produzione italiana e recitato in lingua, anche se il soggetto è un western e il cast internazionale. Quali argomentazioni hanno indotto Sergio Leone in C'era una volta il West a far recitare in sala di doppiaggio in vece della Cardinale (Jill) la Savagnone? Nel 1967, un anno prima del doppiaggio di C'era una volta il West, arriva in Italia dagli USA I professionisti dove la Cardinale è impegnata in diverse pose, ma con poche battute da recitare. La Columbia, come di consuetudine, affida il doppiaggio a Giulio Panicali che è abituato a lavorare con gli iscritti e non ama far auto-doppiare gli attori se questi non possiedono tonalità e timbri adeguati, dizione e recitazione di qualità elevata. Non ha tutti i torti. Quando questo accade risulta evidente la sfasatura che si viene a creare tra la "resa" dei doppiatori della CDC e quella offerta dall'attore che si auto-doppia, spesso a mal partito con le sue capacità vocali limitate e una recitazione approssimativa o eccessivamente teatrale. Per doppiare Burt Lancaster ne I professionisti viene scelto Sergio Graziani, essendo Emilio Cigoli fuori dall'organizzazione che lo ha visto impegnato per oltre trent'anni a far parlare attori stranieri e italiani in un numero incalcolabile di film. Mario Pisu dà la voce a Lee Marvin, Glauco Onorato a Woode Strode, Bruno Persa a Robert Ryan, mentre la Cardinale recita con la sua essendo il parlato che le compete di breve durata. Tuttavia il confronto con i timbri e le sfumature che sanno dare 1 professionisti del doppiaggio risulta a lei sfavorevole in un film dalle atmosfere non viscontiane[12]. Già nel 1964 la direzione della CDC preferisce far doppiare la Cardinale da Maria Pia Di Meo in La pantera rosa, evitando di far misurare la timbrica dell'attrice con quelle meravigliose di Giuseppe Rinaldi, voce di Peter Sellers nella parte esilarante de L'ispettore Clouseau, di Massimo Turci (Robert Wagner), di Rosetta Calavetta (Capucine)

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce C'era una volta il West.
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Sergio Leone imbottisce il suo sesto film, Cera una volta il West, con diversi attori stranieri di grande taratura come Henry Fonda (Frank), Jason Robards (Cheyenne), Charles Bronson (Armonica), Frank Wolff (McBair), Lionel Stander (locandiere). Ma sa che non può dare a questi straordinari attori voci non gradite al pubblico italiano. La dimensione corale del racconto è uno degli obiettivi di Leone, ma per realizzare fino in fondo l'impatto desiderato è necessario rispettare i codici sonori a cui gli spettatori sono assuefatti. Anche se il regista è contrario alla pratica del doppiaggio non può, però, farne a meno né può pensare di servirsi di voci diverse da quelle che hanno veicolato in Italia il cinema straniero e, in particolare, quello statunitense[13]. Leone deve rivolgersi alla CDC per doppiare il film. Come nei suoi precedenti titoli è coadiuvato da Lauro Gazzolo che, quasi a firmare i doppiaggi che dirige, recita anche alcune battute prestando la sua inconfondibile voce da vecchietto all'anziano bigliettaio della stazione dove arriverà Jill, avvenente prostituta di New Orleans, che ha sposato McBain un mese prima. Gazzolo per far parlare lo sfortunato McBain (Wolff) chiama al leggio Corrado Gaipa: Non puoi certo sbagliarti, Patrick. Lei è giovane, è una signora, e poi, poi è una bella donna. Patrick, doppiato da Roberto Chevalier, non raggiungerà mai la stazione per accogliere la matrigna, rimanendo vittima con il padre e gli altri due fratelli di un agguato portato a termine dagli uomini di Morton, un grande Gabriele Ferzetti che si autodoppia. Alla stazione Jill, che focalizzerà su di sé le attenzioni degli uomini di una frontiera che la ferrovia in costruzione provvede a spostare sempre più verso Ovest, resta delusa, incontrando soltanto il facchino che con la voce di Ferruccio Amendola le si rivolge: Signora, sono queste qui? Ci pensiamo noi. Sbrigati! Prendi le altre due. Ignara di ciò che è accaduto, Jill prosegue il viaggio verso la fattoria di McBain con il calesse di Sam, un vecchio strampalato impersonato da un grande Paolo Stoppa che si autodoppia. Durante lo spostamento il desiderio di un bagno la fa fermare in una locanda che dà più l'impressione di una caverna. Vedete qui è dal tempo del diluvio universale che nessuno ha voluto più saperne dell'acqua! risponde l'oste dalle fattezze di un "orco" (Lionel Stander). Leone e Gazzolo chiedono a Cesare Polacco di recitare la battuta con la sua voce cavernosa, facendolo spostare per un solo turno di doppiaggio da Milano dove è impegnato in teatro con Strehler. Ai confini della terra, "l'antro-locanda" diventa il crogiolo di una umanità variegata, come la diligenza in Ombre rosse, il film che ha dato inizio alla serie dei capolavori del genere western, serie che proprio con C'era una volta il West si conclude. Jill ha modo di conoscere Armonica che ha la voce impareggiabile di Giuseppe Rinaldi: Ho visto tre spolverini come questi, tempo fa. dentro c'erano tre uomini, e dentro gli uomini tre pallottole. Leone e Gazzolo non possono non scegliere, per doppiare Bronson nella parte di Armonica, Rinaldi, l'attore che più di ogni altro sa esprimere una vasta gamma di sentimenti grazie alle sue straordinarie capacità vocali. E Peppino, come affettuosamente viene chiamato nel mondo del doppiaggio, li ripaga con una recitazione superba, sfoderando il suo miglior repertorio di timbri e tonalità da brivido[14].

Lì, Jill, conosce anche Cheyenne, che non può non avere la voce di un altro irraggiungibile doppiatore, Carlo Romano, vibrante interprete del bandito dal volto umano impersonato da Jason Robards: Sai solo suonare o sai anche sparare. Dopo aver scoperto la strage, tra le contumelie di una signora con la voce di Wanda Tettoni (Proprio nel giorno delle sue nozze, povera signorina), e le rassicurazioni di un signore con la voce di Arturo Dominici (Non temete signorina, è quello che ci faremo dire prima di impiccarlo), Jill entra inevitabilmente in contatto con Frank, il sicario di Morton che con qualsiasi mezzo vuole impossessarsi della proprietà di McBain sulla quale deve passare la ferrovia. Lauro Gazzolo, in accordo con Leone a cui spetta l'ultima decisione, sceglie il figlio, Nando, per doppiare una delle stelle di Hollywood, Henry Fonda, per la prima volta impegnato ad interpretare un personaggio gelido e crudele come Frank, che non esita a sparare neanche di fronte ad un bambino[15]. Nando Gazzolo, forte di una esperienza quasi ventennale di doppiatore anche se la sua attività di attore si esplica soprattutto in teatro, radio e TV, aderisce come un guanto alla recitazione di Fonda, restituendoci un Frank cinico e glaciale: Forse le mie armi vi sembrano semplici, signor Morton, ma fanno ancora buchi abbastanza grossi per i piccoli problemi. La signora McBain presto non sarà più un problema. In questo microcosmo sospeso nel tempo e nello spazio, tra deserti, canyon e praterie del più profondo West, altri personaggi si affacciano alla ribalta. Lauro Gazzolo sceglie per loro le voci di Bruno Persa (Jack Elam, un killer), Oreste Lionello (Marco Zuanelli, Wobbles), Luciano De Ambrosis (l'amico di Cheyenne), Mario Pisu (l'uomo del sermone), Sergio Tedesco (un abitante), Manlio De Angelis (un uomo di Cheyenne), Giovanni Saccenti (l'uomo dell'offerta all'asta), Renato Turi (il commerciante di legnami), Carlo D'Angelo (un uomo di Frank) da poco trasferitosi in CDC dopo essere stato tra le voci di punta della ODI, con il compito arduo di sostituire Cigoli, e Stefano Sibaldi (Keenan Wynn, lo sceriffo dell'asta) rientrato in CDC dopo l'uscita di Cigoli[16].

In un concerto di tali voci, che si armonizzano splendidamente con la colonna sonora creata da un ispirato Ennio Morricone, non può esserci in alcun modo quella "stonata". Le battute di Jill, piuttosto brevi anche se frequenti, devono essere recitate in modo tale da essere portatrici di una particolare forza per reggere il confronto formale e sostanziale con gli altri personaggi. Il commerciante di legnami, dopo aver mostrato a Jill la grande quantità di materiale che il marito gli aveva richiesto, recita con la voce di Turi: McBain mi aveva ordinato anche questa. Ci teneva molto, solo solo che non mi aveva detto che cosa dovevo scriverci dentro. Secondo le intenzioni di Leone il pensiero di Jill deve istintivamente andare alla parola "stazione", ma la sua pronuncia deve essere trattenuta, come se non avesse la spinta sufficiente a lasciare la bocca. E' necessario recitarla con una intensità tale da dare l'impressione che essa è ancora nell'ambito del pensiero. Una prova che soltanto un professionista del doppiaggio può superare. Rita Savagnone si reca una mattina in sala di registrazione non immaginando che quel giorno reciterà per cinquecento volte, "stazione", restando impegnata per tre turni di doppiaggio con Sergio Leone e Lauro Gazzolo, protesi a cogliere la sfumatura giusta, e il tecnico del suono sempre più allucinato; "Buona la seconda" sentenzia Leone alla fine della giornata[17]. Jill inevitabilmente cade tra le braccia di Frank che con la voce di Nando Gazzolo le si rivolge: Ti piace molto vivere e ti piace sentirti addosso le mani di un uomo ti piace. Anche se sono le mani che hanno ucciso tuo marito...che razza di piccola sgualdrina. Faresti proprio tutto per salvarti. Qualunque cosa sgorga dalle labbra di Rita Savagnone mentre il corpo statuario della Cardinale si lascia ammirare tra le braccia di Fonda. Cheyenne-Robards-Romano è ormai un bandito stanco: Lo sai Jill mi ricordi mia madre...era la più grande puttana di Harlem e la donna più in gamba che sia mai esistita. Chiunque sia stato mio padre per un 'ora o per un mese è stato un uomo molto felice. Mentre Armonica sta per chiudere un vecchio conto con Frank, migliaia di operai fanno inesorabilmente avanzare la ferrovia verso il Pacifico. Solo Cheyenne, che con una pallottola in corpo vede sfumare il sogno di fermarsi in un posto magari con Jill, mostra di percepire lucidamente la realtà nel suo crudo divenire: Sai Jill, se fossi in te gli porterei da bere a quei ragazzi. Tu non immagini quanta gioia mette in corpo a un uomo una donna come te anche solo vederla, e se qualcuno di loro ti tocca il sedere, tu fai finta di niente, lasciali fare.... Il pensiero di Jill è rivolto verso Armonica. Nel duello finale Frank ha la peggio. Armonica si è finalmente vendicato del fratello ammazzato, ma troppi anni sono passati a rincorrere il suo assassino. Armonica-Bronson-Rinaldi: Diventerà una bella città, Sweetwater, Jill-Cardinale-Savagnone: Ci passerete un giorno o l'altro?, Armonica-Bronson-Rinaldi: Un giorno o l'altro.

Le attrici italiane doppiate

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A Claudia Cardinale viene assegnato un premio alla carriera nell'ambito del Premio Flaiano di Pescara. Nella discutibile motivazione si legge: "Recitazione basata sulla sicurezza, l'eleganza del gesto, la particolarità e la bellezza di una voce che per diversi anni ha subito l'umiliazione del doppiaggio". Nella serata di gala il conduttore di turno, presentando l'attrice, amplifica il concetto: «L'attrice che ha subito l'onta del doppiaggio». Non solo la Cardinale deve sopportare "l'onta del doppiaggio". Diverse attrici italiane, che hanno meno giustificazioni di Claudia, devono subire "l'umiliazione" di essere doppiate. Ma si tende a non ricordare che le "stelle nostrane" sono accomunate da un identico percorso: la notorietà cinematografica viene raggiunta attraverso i concorsi di bellezza e non dopo aver frequentato le scuole di recitazione. Una brutta abitudine che si accentua negli anni '50 e '60 e che rende improponibile un paragone tra i nostri attori e quelli stranieri, essendo, questi ultimi, obbligati a curare tutti i mezzi espressivi a disposizione dell'attore, compreso la voce, per la non consuetudine della pratica del doppiaggio nelle rispettive realtà[18]. Nell'Italia del dopoguerra può accadere, senza suscitare reazioni, che "l'attore", che non riesce a recitare con la propria voce, prima diventa famoso con quel la di un altro e poi, se gli impegni non sono gravosi, e se ne ha voglia si applica a colmare l'handicap, ma con risultati quasi sempre discutibili. Essi, però, non vengono additati come i colleghi doppiatori che, forse, non hanno la "fisicità" adeguata per bucare lo schermo e stimolare la fantasia degli spettatori. Non solo la Cardinale. Silvana Mangano inizia ad usare la propria voce solo nel 1954 ne L'oro di Napoli dopo aver girato una decina di film quasi sempre con quella della grande Lydia Simoneschi (Anna, Ulisse nel doppio ruolo di Circe e Penelope ), che la doppierà anche successivamente in almeno due occasioni, La diga sul Pacifico del '57 e La tempesta del '58. Alla fine degli anni '50, in effetti, nasce negli attori una sorta di pudore che stimola a cercare una giustificazione all'impossibilità ad auto doppiarsi quando accade. La motivazione è sempre la stessa, impegni in altre produzioni. È il ritornello che spesso trae d'impaccio anche Sophia Loren a proprio agio con la propria voce solo se il film ha una precisa connotazione nostrana e il personaggio da interpretare una valenza popolare[19]. La Loren subisce "l'umiliazione del doppiaggio" in Abissi marini dove viene "oltraggiata" da Renata Marini, in Ci troviamo in galleria da Clara Bindi, in La domenica della buona gente da Adriana De Roberto, in Pellegrini d'amore da Rosetta Calavetta. In Due notti con Cleopatra addirittura due doppiatoci sono impegnate a mancarle di rispetto, Miranda Bonansea quando impersona Nisca e la Simoneschi quando è Cleopatra. A metà degli anni '50 risulta già evidente che per Sophia la carriera sarà in discesa e piena di grandi soddisfazioni per le sue qualità di attrice genuina, dalla personalità artistica prorompente, istintivamente portata alla recitazione. Però Lydia Simoneschi, che possiede la più bella tra le voci femminili e una tecnica recitativa di straordinaria incisività, non può non diventare la doppiatrice della Loren mettendole a disposizione la sua timbrica ineguagliabile in Attila, Orgoglio e passione, Un marito per Cinzia, La chiave, Quel tipo di donna. Gli anni trascorrono per la doppiatrice ma non per l'attrice che diventa sempre più bella e il suo aspetto sembra col tempo rinvigorire. Così a metà degli anni '60 si deve procedere a sostituire la Simoneschi la cui voce, ancora straordinariamente bella, si è appesantita sotto il peso di migliaia di ore passate a far recitare tutte le attrici della stona del cinema dall'avvento del sonoro. La Loren trova la sua nuova voce in Rita Savagnone che la doppia in Operazione Crossbow, Lady L, Judith, Arabesque, Cassandra Crossing, L'uomo della Mancha per la parte recitata.

Anna Maria Pierangeli, ancora giovanissima, inizia una carriera sfolgorante direttamente negli USA dopo aver vinto, nel '50, il Nastro d'Argento per l'interpretazione offerta in Domani è troppo tardi. Fred Zinnemann la vuole nel film Teresa dove Pier Angeli, come la chiamano gli americani, si auto-doppia, recitando in sala di registrazione con Rinaldi (John Erickson), Amilcare Pettinelli (Richard Bishop), Bruno Persa (Ralph Meeker), Pino Locchi (Bill Mauldin), Vinicio Sofia (Edward Binns), Mario Pisu (Rod Steiger, al suo debutto). Nel cast ci sono anche Ave Ninchi, Franco Interlenghi e Aldo Silvani che recitano con la loro voce. Il film ha un certo successo negli USA e la bellezza delicata di Anna Maria attira l'attenzione di produttori e registi. Per la prima volta un'attrice italiana ha la possibilità di affacciarsi ad Hollywood senza un grosso bagaglio di pellicole girate e senza alcuna notorietà[20]. La MGM la scrittura e le dà subito l'opportunità di recitare in L'immagine meravigliosa al fianco di uno stimato attore, Stewart Granger (Emilio Cigoli). La pellicola, che arriva in Italia nella primavera del '52, è affidata dal capo ufficio edizioni della major americana, Augusto Galli, al solito Franco Schirato. Questi preferisce far doppiare la Pierangeli scegliendo la voce fresca e giovanile di Germana Calderini alla quale ha già dato il compito di far recitare in italiano Elizabeth Taylor da Torna a casa, Lassie! a Ivanhoe, sincronizzato nell'agosto del '52. La scelta è quanto mai azzeccata dal punto di vista anagrafico, essendo la Calderini, del 1932, coetanea della Taylor e della Pierangeli, e anche da quello estetico, possedendo, la doppiatrice, una voce dai timbri particolari che aderiscono bene alle due attrici della MGM. Da L'immagine meravigliosa (doppiato dal 12 Marzo '52, in 7 turni) Germana continua a sostituirsi alla Pierangeli, ma deve rassegnarsi a perdere la Taylor per evitare la sovrapposizione della stessa voce su due attrici della medesima scuderia[21]. In I lupi mannari (doppiato dall'11 dicembre '52 in 6 turni), Sombrero (doppiato dall' 11 settembre del '53) dove Vittorio Gassman ha la voce di Cigoli, Ricardo Montalban di Rinaldi, Cyd Charisse di Elda Tattoli, Storia di tre amori, La fiamma e la carne, I clandestini della frontiera e, infine, Lassù qualcuno mi ama (doppiato dal 16 novembre del '56 in 10 turni) la Calderini lascia il segno del suo relativamente breve passaggio nel mondo delle voci legando la sua timbrica ad un'attrice, Anna Maria Pierangeli, la cui parabola artistica ha raggiunto il suo massimo.

Anche Gina Lollobrigida all'inizio della carriera è doppiata, per esempio da Andreina Pagnani in Campane a martello, da Adriana Parrella in Fanfan la Tulipe e Le belle di notte dove, in entrambi, Gerard Philipe ha la voce inconfondibile di Nino Manfredi, da Clara Bindi in Il processo di Frine. Però Gina preferisce auto-doppiarsi non appena è in grado di farlo con una certa credibilità, non preoccupandosi eccessivamente di confrontarsi con i grandi doppiatori. Per l'attrice, dopo quasi trenta film e aver vinto, nel '53, la Grolla d'Oro per aver interpretato il personaggio di Gemma ne La provinciale, si spalancano le porte di Hollywood dove ha l'opportunità di recitare con i più grandi attori dello "star system" americano, tutti rigorosamente doppiati in Italia. Così la Lollo ha modo di misurarsi anche con i migliori doppiatori del mondo essendo quelli italiani i più bravi in assoluto. Diretta da John Huston in Il tesoro dell'Africa si ritrova sul set con Humphrey Bogart, Jennifer Jones, Robert Morley, Peter Lorre, e al doppiaggio con Emilio Cigoli, Rosetta Calavetta, Mario Besesti, Carlo Romano. Diretta da Carol Reed in Trapezio si ritrova sul set con Burt Lancaster, Tony Curtis, Katy Jurado, e al doppiaggio con Emilio Cigoli, Pino Locchi, Rosetta Calavetta. Diretta da John Sturges in Sacro e profano si ritrova sul set con Frank Sinatra, Peter Lawford, Steve McQueen, Richard Johnson, Paul Henreid, Charles Bronson, e al doppiaggio con Giuseppe Rinaldi, Gianfranco Bellini, Cesare Barbetti, Nando Gazzolo, Ferruccio Amendola. Diretta da Robert Mulligan in Torna a settembre si ritrova sul set con Rock Hudson e in sala di registrazione ancora con lo strepitoso Rinaldi. È obiettivamente difficile tenere il passo di chi per scelta ha deciso di dedicare la sua vocazione artistica a far parlare gli altri. In Salomone e la regina di Saba risulta evidente lo sforzo di Gina (la regina di Saba) per rendere omogenea la sua recitazione in voce a quella offerta dai doppiatori storici, cedendo, in alcuni momenti, alla tentazione di qualche birignao (Siediti Baltor, m'innervosisci Tobi, Quali favori vuoi da (a) me), maldestramente eseguiti con inespressività stucchevole (Ti sono molto grata per avermi permesso di visitare la tua magnifica terra), assenza di colore e intonazione monocorde (Come riposare pensando che forse ti avevo contrariato in qualche modo). Nel film di King Vidor, il cui doppiaggio è diretto da Giulio Panicali, si palesa l'assenza di una Simoneschi proprio dal confronto tra la Lollobrigida e attori del calibro di Rinaldi (Yul Brinner, Salomone), Cigoli (George Sanders, Adonia), Gualtiero De Angelis (David Farrar, il Faraone), Fiorella Betti (Marisa Pavan, la sorella di Salomone), Olinto Cristina (Finlay Currie, re Davide), Renato Turi (Harry Andrews, Baltor), Locchi (John Crawford, Joab), Wanda Tettoni (Jean Anderson, Takyan), Mauro Serra (Jack Gwyllim, Josiah), Nando Gazzolo (narratore), Giulio Panicali (voce di Dio), Glauco Onorato, Mario Mastria, Manlio De Angelis, Giorgio Capecchi, Luigi Pavese, Amendola, Bruno Persa, Barbetti, Riccardo Mantoni, Di Meo e Renata Marini (le due donne), interpreti soltanto in voce che vengono considerati, paradossalmente, "attori a metà". L'ingiusto apprezzamento, fortemente penalizzante, viene rivolto quasi sempre contro chi doppia e mai verso chi ha necessità di farsi doppiare. Solitamente sono le stesse case di produzione statunitensi a pretendere il doppiaggio delle le "stelle" italiane impegnate nei loro film. Ma la Lollobrigida oppone sempre una forte resistenza, accettando il "faticoso" confronto con le voci più belle del cinema italiano, per riscattare l'immagine dell'attrice non completa che recita soltanto grazie alle sue qualità fisiche[22].

Francesco Callan, in un irriverente articolo su "Cinema" (e ingiusto, essendo il primo film in cui la Lollo si autodoppia) del 15 luglio 1953, sentenzia contro Gina: «Torniamo alla premiata della Grolla d'Oro di Saint Vincent, la quale nel film La provinciale è stata doppiata non perché non sapesse parlare in italiano ma perché non sa recitare». Il giornalista esprime, con eccessivo disappunto, la mancata attribuzione a Ingrid Bergman del premio assegnatole quale migliore attrice protagonista per il film Europa '51 di Roberto Rosselini, in occasione del Festival del Cinema di Venezia del '52, essendo stata doppiata da Lydia Simoneschi. Callan paventa anche l'ipotesi che la presenza nella giuria di Saint Vincent di Alberto Moravia, autore del racconto dal quale Mano Soldati ha tratto la sceneggiatura de La provinciale, abbia in qualche modo favorito la scelta di Gina Lollobngida quale migliore attrice protagonista. Il critico cinematografico, però, non tiene conto che i "premi" hanno regole differenti, la Grolla può essere assegnata ad un attore anche se doppiato, così come il prestigioso David di Donatello, mentre il Leone d'Oro no. Per lo stesso motivo i critici cinematografici possono assegnare a Claudia Cardinale il David del 1961 per La ragazza con la valigia dove recita con la voce di Adriana Asti, e quello del 1968 per II giorno della civetta, dove è doppiata dalla Savagnone; film, quest'ultimo, che permette anche a Franco Nero, con la voce di Sergio Graziani, di vincere la statuetta prestigiosa. Mentre non possono procedere alla premiazione di Lea Massari con il Nastro d'Argento per L'avventura essendo stata doppiata da Clara Bindi. Altri e più famosi critici cinematografici come Gian Luigi Rondi, Dario Zanelli, Lino Micciché, Goffredo Fofi, Claudio G. Fava, quasi tutti ostili all'uso del doppiaggio e indifferenti all'operato dei doppiatori, non mostrano irriverenza verso i "miti" del cinema italiano, ma un'accorta severità di giudizio allorché sono chiamati ad esprimersi, con un voto da zero a dieci, sulle capacità professionali di una ventina di attori tra cui Sophia Loren, Claudia Cardinale, Franco Nero. I critici hanno a disposizione cinque voti da assegnare all'uso della voce e del volto, alla gestualità, allo stile comico e drammatico. La Cardinale è premiata con un 6 per l'espressività vocale a fronte di un voto generale non suffi ciente, 5,76, scaturito facendo la media con le altre capacità, voto fortemente condizionato dal 3,4 riportato nello stile comico. Per l'uso della voce la Loren consegue una media di 6,4 punti su un voto complessivo di 6,8. Gli altri attori sottoposti a giudizio hanno nell'uso della voce la seguente votazione (media dei cinque voti attribuiti dai critici tra parentesi il voto medio complessivo): Massimo Girotti, 6,8 (5,32), Alberto Sordi, 9,8 (9,04), Nino Manfredi, 8,6 (8,24), Ugo Tognazzi, 8,8 (8,52); Vittorio Gassman, 8,8 (9), Marcello Mastroianni, 8,2 (8,2); Enrico Maria Salerno, 7,8 (6,6); Monica Vitti, 6,8 (7,4), Gianmaria Volonté, 8,2 (6,88), Stefano Satta Flores, 7,2 (6,96); Giancarlo Giannini, 7,6 (7,64), Mariangela Melato, 7,6 (7,6), Stefania Sandrelli, 7,4 (7,16); Laura Antonelh, 5,4 (5,56), Michele Placido, 6,4 (6,64), Ornella Muti, 5,8 (5,76). La media di tutti i voti assegnati agli attori per l'uso della voce risulta 7,3. Conseguentemente i punteggi della Loren e della Cardinale, pur essendo sufficienti, si attestano un po' sotto il valore medio[23]. Nella classifica dei primi dieci film più visti in Italia nel 1958 compare, al settimo posto, una sola pellicola di produzione italiana, Belle ma povere; si colloca dietro a I giovani leoni (Fox), I peccatori di Peyton (Fox), Addio alle armi (Fox), Sfida all'O K. Corral (Paramount), Arianna (Paramount), Il sole sorgerà ancora (Fox), e prima di Orgoglio e passione (United Artist), Pai Joey (Columbia), La legge del Signore prodotto ancora da una casa statunitense, anche se di secondaria importanza. Tutti film "made in USA" che sono doppiati dalla CDC. Anche Belle ma povere è appannaggio della più importante organizzazione di doppiaggio operante in Italia (probabilmente la migliore nel mondo), ma per i film di produzione italiana il numero di doppiatori coinvolti è sicuramente inferiore rispetto a quello necessario per la sincronizzazione delle pellicole statunitensi, anche se chi ne prende parte viene retribuito con un compenso doppio.

Il cinema come motore del boom economico

Nel giro di alcuni anni, e precisamente nel 1962, le cose cambiano; nei primi dieci film più visti si inseriscono soltanto tre pellicole interamente prodotte negli USA. I cannoni di Navarone (Columbia) che si colloca al quinto posto, Tre contro tutti (United Artist) all'ottavo e L'occhio caldo del cielo (Universai) al decimo. Tutte le altre posizioni sono occupate da film di produzione italiana (primo Barabba, secondo Divorzio all'italiana, quarto Boccaccio '70, sesto I due nemici, nono Mondo cane) o da coproduzioni come El Cid che si piazza al terzo posto. Tra il '58 e il '62 si verifica, quindi, un ribaltamento nelle preferenze degli italiani. È la conseguenza di alcuni "sconvolgimenti" che si manifestano, sotto la spinta del boom economico, nella vita sociale e politica italiana. La crescita costante della produzione industriale determina un incremento del Prodotto Interno Lordo a cui è legato in modo direttamente proporzionale il desiderio delle grandi masse di possedere una casa, nella quale deve necessariamente esserci un frigorifero, un televisore, una lucidatrice e, eventualmente, un posto macchina, di praticare il turismo, per mezzo del quale diventano accessibili nuovi orizzonti ambientali e umani, di accedere ai divertimenti e agli svaghi, attraverso i quali si cerca di mitigare lo sforzo che ognuno necessariamente deve esprimere per mantenere costante la crescita del PIL. Tutti i settori produttivi e culturali risentono del clima di ottimismo che si respira. Anche il cinema si ritrova a godere del momento favorevole. Alcune scelte politiche permettono all'industria cinematografica di liberarsi dagli stretti lacci della censura che impediscono di trattare in modo credibile alcuni temi come il sesso, il fascismo, la guerra di resistenza e il divorzio. È il segno dell'avvicinamento della sinistra socia-lista all'area di governo dove ha sempre albergato, dalla fine della guerra, la Democrazia Cristiana[24]. Il nuovo clima può essere a fondo sfruttato dall'industria cinematografica italiana grazie, anche, alla concomitante presenza di un gruppo di "giovani" e geniali soggettisti, sceneggiatori e registi (Flaiano, Age, Scarpelli, Zavattmi, Amidei, Fondato, De Bernardi, Sonego, Benvenuti, Marchesi, Maccari, Steno, Risi, Monicelli, Comencini, Pietrangeli, Germi, Bolognini, Rosselhm, Visconti, Antomoni, De Sica, Rosi, Pasolini, Fellini), che si esprimono ai massimi livelli di creatività. Per contro, l'industria cinematografica statunitense entra, proprio alla fine degli anni '50, in una fase produttiva qualitativamente poco esaltante per una crisi di originalità dei soggetti da sceneggiare e una "stanchezza" dei suoi attori più popolari, crisi che si risolverà soltanto alla fine degli anni '60 con l'avvento di una nuova generazione di autori e interpreti magistrali come Dustin Hoffman, Robert De Niro.

Le cinematografie europee, pur esprimendo una rinnovata vitalità con la "nouvelle vague" francese (Resnais, Truffaut, Godard, ) e il "free cinema" inglese (Reisz, Richardson, Anderson), non sono in grado strutturalmente di produrre un consistente numero di pellicole ed esse non richiedono un numero elevato di doppiatori né tanti turni per sostituire il parlato[25]. Dalla Francia arrivano per essere doppiati e distribuiti. Hiroshima, mon amour e L'anno scorso a Marienbad, entrambi diretti da Alain Resnais, film che si avvalgono delle voci, rispettivamente, della CDC (Andreina Pagnani per Emmanuelle Riva, Giuseppe Rinaldi per Eyi Okada), e della CID (Riccardo Cucciolla, Mario Colli, Giorgio Piazza, Benita Martini, Melina Martello, Adolfo Geri, Mario Bardella), I quattrocento colpi e Jules e Jim di Francois Truffaut, entrambi doppiati dalla CDC con Manlio Busoni (Albert Remy), Rosetta Calavetta (Clair Mauriel), Gino Baghetti (Pierre Repp) per il primo, mentre per il secondo sono utilizzate le voci di Rita Savagnone (Jeanne Moreau, Catherine), Rinaldi (Oskar Werner, Jules), Pino Locchi (Henry Serre, Jim), Fino all'ultimo respiro, il film vessillo della "nouvelle vague", di Jean-Luc Godard, doppiato dalla CDC con Locchi (Jean-Paul Belmondo), Di Meo (Jean Seberg), Bruno Persa (Daniel Boulanger) e Busoni che recita per Jean-Pierre Melville nella parte del romanziere assediato dai giornalisti, i quali hanno le voci di Ferruccio Amendola, Sergio Graziani, Massimo Turci, Glauco Onorato, Flaminia Jandolo, Sergio Tedesco, i giovani doppiatori emergenti della Cooperativa Doppiatori Cinematografici, La donna è donna, ancora un film di Godard, che è doppiato sempre dalla CDC con Fiorella Betti (Anna Karma), Rinaldi (Jean-Claude Brialy) e Locchi (Jean-Paul Belmondo). Il nuovo cinema inglese, agli inizi degli anni '60, si presenta sul mercato italiano con Sabato sera, domenica mattina di Karel Reisz, film doppiato dalla SAS che sceglie la voce di Renzo Palmer per Albert Finney; Sapore di miele e Tom Jones di Tony Richardson, entrambi sincronizzati dalla CDC che utilizza, per il primo, la giovane Flaminia Jandolo per doppiare Rita Tushmgam, la veterana Lydia Simoneschi per Dora Bryan, Renato Turi per Robert Stephen, e, per il secondo, Rinaldi (Albert Finney), Di Meo (Susannah York), Giorgio Capecchi (Hugh Griffith) e Gianfranco Bellini (David Warner), Io sono un campione di Lindsay Anderson appannaggio ancora della SAS che schiera al leggio i suoi doppiatori migliori, Gabriella Genta (Rachel Roberts, Mrs. Hammond), Stefano Sibaldi (Alan Badel, Weaver) e Palmer per Richard Harris nella parte di Frank Machin. Dalla Svezia riescono a varcare i confini verso l'Italia soltanto i film che scaturiscono dalla lucida genialità di Ingmar Bergman, ma sono pellicole che si doppiano con al massimo tre giorni di sala di registrazione: per L'occhio del diavolo Franco Schirato tiene impegnati per cinque turni Emilio Cigoli (Gunnar Bjornstrand), Di Meo (Bibi Andersson), Amilcare Pettinelli (la morte), Dhia Cristiani (Renata), Carlo Romano (Pablo), Amendola (Johnatah), e per Come in uno specchio (doppiaggio realizzato nel marzo del '62 in quattro turni), Rosetta Calavetta (Harriet Andersson), Cigoli (Bjonstrand), Rinaldi (Max Von Sidow), Cesare Barbetti (Lars Passgard). La Germania sta ancora vivendo la fase della ripresa dopo la catastrofe della guerra[26]. Dall'orizzonte russo prende consistenza una nuova "stella", Andrej Tarkovskij, che approda al XXIII Festival di Venezia con L'infanzia di Ivan (sincronizzazione realizzata dalla CID - tra gli altri, Mario Colli voce di Valentin Zubcov, il capitano Cholin -), che vince il "Leone d'Oro" ex-aequo con Cronaca familiare di Valerio Zurlini, dove gli interpreti sono Marcello Mastroianni (Enrico) e, doppiati, Jacques Perrin (Lorenzo) voce di Massimo Turci, Salvo Randone (Sarocchi) voce di Giorgio Capecchi, Marco Guglielmi (medico) voce di Pino Locchi Louis Bunuel è l'unica vivida luce che riesce ad arrivare dalla cinematografia latino-americana, così come, dall'oriente, quella di Akira Kurosawa. Dalla fervida fantasia del regista spagnolo scaturiscono, a cavallo tra gli anni '50 e '60, Nazarin (SAS) e Viridiana doppiato dalla CDC, che chiama Capecchi per far recitare Fernando Rey, Di Meo per Silvia Pinal, Locchi per Francisco Rabal, Cristiani per Margarita Lozano e Vittoria Febbi per Victoria Zinny. Dal Giappone Akira Kurosava conclude un decennio di capolavori come Cane randagio, Rashomon, Vivere, I sette samurai, con Il trono di sangue e La fortezza nascosta, il primo doppiato dalla CDC con Cigoli (Toshiro Mifune, Washizu), Simoneschi (Isuzu Yamada, Asaji), Nando Gazzolo (Minora Chiaki, Miki), Turci (Akira Kubo, figlio di Miki), il secondo dalla SAS con Rolf Tasna voce di Toshiro Mifune nella parte del generale Makabe.

L'esplosione del genere "peplum"

Un cinema, quindi, di alto livello qualitativo che non può, però, coprire il fabbisogno delle oltre 10000 sale cinematografiche sparse sul territorio italiano né offrire alle società di doppiaggio in forte concorrenza ampi spazi di tranquillità lavorativa. Un cinema, quello europeo degli inizi degli anni '60, che, stravolgendo i moduli narrativi tradizionali, si rinnova nei suoi codici stilistici ed estetici, nella imprescindibile necessità di cogliere dalla complessità del reale i segni del superamento di una morale ancorata ad un passato che il boom economico ha spinto ancora più lontano. Un cinema che può risolvere la sua vocazione al confronto continuo con la quotidianità raccontando storie dove pochi personaggi riescono ad esprimere il disagio profondo di una umanità, quella dei paesi industrializzati, sempre più affrancata dalla "fame" ma oppressa dalla vita[27]. L'industria cinematografica italiana risponde bene alla crescente domanda di film, trovando nel genere storico-mitologico il filone giusto in grado di tranquillizzare gli esercenti, le maestranze dei diversi stabilimenti cinematografici e gli attori delle società di doppiaggio i quali possono contare su un numero consistente di personaggi da doppiare per ogni pellicola, anche se i dialoghi sono ridotti al minimo per dare spazio a noiose e interminabili cavalcate, balletti da avanspettacolo, stucchevoli e ripetitivi, estenuanti scontri fisici che cercano di vivacizzare alla meglio vicende insulse e poco credibili[28]. Dopo Le fatiche di Ercole, campione d'incassi nel 1957, il genere "peplum" esplode, raggiungendo la massima espansione nel 1961 con 31 film realizzati, tra cui solo due pellicole dedicate a Ercole e cinque a Maciste che è riuscito a scalzare il "collega" nelle preferenze degli italiani, i cui momenti di svago vengono riempiti sempre dagli stessi muscoli di Steve Reeves, Gordon Scott, Reg Park, Mark Forrest, Brad Harris, Gordon Mitchell, i quali riescono a calarsi con la stessa disinvoltura anche nei panni di Sansone, Ursus, Goliath, gladiatori e personaggi storici sempre super-dotati. Reeves parla grazie a Cigoli in Gli ultimi giorni di Pompei di Mano Bonnard e Sergio Leone, dove Fernando Rey è doppiato da Giorgio Capecchi, a Rinaldi in La battaglia di Maratona di Bruno Vailati, a Locchi in Il figlio di Spartacus di Sergio Corbucci e Romolo e Remo sempre di Corbucci, dove Gordon Scott ha la voce di Nando Gazzolo e Jacques Sernas di Gianfranco Bellini. Scott recita grazie a Cigoli in Il gladiatore di Roma di Mano Costa e Maciste contro il vampiro di Giacomo Gentilomo e Sergio Corbucci, dove Jacques Sernas è doppiato da Rinaldi, a Locchi in Maciste alla corte del Gran Khan di Riccardo Freda. Park ha la voce di Ivo Garrani in Ercole alla conquista di Atlantide di Vittono Cottafavi, del solito Cigoli in Ercole al centro della terra di Mario Bava dove Christopher Lee è doppiato da Nando Gazzolo. Forrest parla grazie a Cigoli in Maciste nella valle dei re di Carlo Campogalliani e Maciste, il gladiatore più forte del mondo di Michele Lupo dove Carlo Pisacane (Capannelle) ha la voce di Lauro Gazzolo; a Nando Gazzolo in La vendetta di Ercole di Cottafavi dove Broderick Crawford è doppiato da Capecchi e Gaby André da Lydia Simoneschi. Harris è doppiato ancora da Cigoli in Sansone di Gianfranco Parolini dove per Serge Gainsbourg recita Bellini. Mitchell parla grazie allo stacanovista Cigoli in L'ira di Achille di Manno Girolami dove Jacques Bergerac ha la timbrica inconfondibile di Bellini e in Maciste nella terra dei Ciclopi di Antonio Leoviola dove Aldo Busi Landi è doppiato da Pino Locchi.

L'epopea del "Maciste"

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Sono pochi, invece, gli attori italiani con i muscoli, o meglio, sono tanti che aspirano a sfruttare il momento favorevole, ma la loro massa muscolare non può reggere il confronto con quella dei culturisti d'oltreoceano. Possono sperare in parti secondarie e ciò nonostante risulta stridente l'accostamento con i corpi scultorei degli americani che hanno a disposizione, nel loro paese, palestre avvenieristiche dove gonfiarsi e una alimentazione coadiuvata da prodotti già ai limiti del lecito. Alan Steel, al secolo Sergio Ciani, è il più rappresentativo tra i macisti italiani. Inizia la sua avventura nel mondo dorato del cinema come stunt-man e prosegue come controfigura di Steve Reeves, poi Parolini gli affida il ruolo di Macigno in Sansone dandogli l'opportunità di emergere dall'anonimato. Però, come tutti quelli che hanno la ribalta grazie al filone "peplum", deve essere doppiato. Glauco Onorato, un giovane attore emergente che, nello stesso periodo, è scelto per far recitare Stephen Boyd in Ben Hur, viene chiamato per far recitare Ciani, il quale diventerà, tanti anni dopo, un insegnante di dizione. Ancora Ciani, questa volta doppiato da Locchi, in Ercole contro Roma di Piero Pierotti, dove Cigoli presta la voce a Daniele Vergas e Cesare Barbetti a Mimmo Palmara, un altro mister muscolo dei "peplum", che si riciclerà nel genere spaghetti western, per approdare nel mondo del doppiaggio come titolare di una società di sincronizzazione. Mano Petri, un cantante lirico di successo, grazie al fisico possente pensa di arrotondare le sue entrate, partecipando, sempre da comprimario, a diverse pelli cole del genere storico-mitologico. Anch'egli, pur possedendo una bella voce, non è in grado di auto doppiarsi per la difficoltà di reggere il sincronismo labiale a cui non è certamente abituato. Poi nei film "peplum", solitamente girati all'aperto a costi molto contenuti, non viene registrato il sonoro. I dialoghi, che in massima parte si svolgono nell'attesa di una scazzottata o tra una cavalcata e l'altra (scene riprese in campi necessariamente medi e lunghi), vengono ricostruiti in sala di sincronizzazione con una grande fatica dell'adattatore prima e dell'assistente al doppiaggio -e relativo direttore- nella fase esecutiva quando si fanno recitare le battute ai doppiatori non sapendo dove effettivamente quelle battute sono state pronunciate dagli attori[29]. Petri è doppiato da Onorato in L'ira di Achille e da Cigoli in Ercole contro i tiranni di Babilonia di Domenico Paolella dove Ercole è Rock Stevens con la voce di Locchi, mentre Bruno Persa la presta a Tullio Altamura e Renato Turi a Livio Lorenzon, come in un altro film di genere avventuroso, I pirati della costa di Domenico Paolella, dove Lorenzon recita accanto a Lex Barker, Loris Gizzi e Liana Orfei doppiati, rispettivamente, da Cigoli, Capecchi e Maria Pia Di Meo. A parte Giuliano Gemma, che riceverà dal western all'italiana la consacrazione definitiva del suo talento di attore atletico e spontaneo, e che recita nei "peplum" quasi sempre doppiato da Cesare Barbetti (Arrivano i Titani di Duccio Tessari, La rivolta dei pretoriani di Alfonso Brascia), si fa fatica a percepire come super-dotati i vari Luciano Marin, Gabriele Antonini, Corrado Pani, Enio Girolami, Enzo Cerusico, Gianni Musy Glori, Roberto Risso, Giorgio Ardisson, Mario Girotti. A Mann presta la voce Massimo Turci in L'assedio di Siracusa di Pietro Francisci, dove Rossano Brazzi e Alberto Farnese sono doppiati da Rinaldi e Cigoli, e in Orazi e Curiazi di Ferdinando Baldi, sceneggiato addirittura da Lizzani De Concini Montaldo, dove un vecchia gloria dello "star sistem" americano, Alan Ladd, è riesumato in una operazione cinematografica discutibile e penosa per l'attore di Il cavaliere della valle solitaria, che nel film di Baldi mostra una avanzata decadenza senile. Al piccolo e vecchio Ladd è riservata la voce stentorea di Cigoli con l'unico effetto di accentuare il contrasto tra ciò che si vede e quello che si sente. Nel film recitano anche Jacques Sernas doppiato da Nando Gazzolo, Umberto Raho da Sergio Graziani, Mino Doro da Mario Pisu, Andrea Aureli da Giorgio Capecchi, mentre il narratore è Manlio Busoni. C'è anche la giovane figlia di Ladd, Alana, che ha approfittato per una vacanza dorata tra Cinecittà, Roma e le altre città d'arte italiane da visitare a riprese concluse, mentre una giovane attrice italiana, Vittoria Febbi, la doppia in sala di sincronizzazione[30]. Ad Antonini si sostituisce Rinaldi in Maciste alla corte del Gran Khan dove Leonardo Severini ha la voce di Pisu, a Pani si sostituisce l'amico Turci in Erode il Grande di Arnaldo Genoino dove Edmund Purdom è doppiato da Cigoli e Camillo Pilotto da Amilcare Pettinelli, a Girolami si sostituisce Locchi in L'ira di Achille, a Cerusico e Musy, rispettivamente, Turci e Barbetti in Romolo e Remo dove il padre di Musy, Enrico Glori, è doppiato da Busoni, e Franco Balducci da Luciano De Ambrosis, a Risso si sostituisce Barbetti in Il gladiatore di Roma dove recita con la sua voce un vecchio doppiatore, famoso nell'ambiente del doppiaggio, Leo Garavaglia, mentre Alberto Farnese parla grazie a Turci, a Ardisson si sostituisce Locchi in Ercole al centro della terra, a Mario Girotti si sostituisce ancora Locchi (lo doppierà anche successivamente nel genere spaghetti western) in Cartagine in fiamme di Carmine Gallone dove Daniele Gelin ha la voce di Nando Gazzolo.

Le grandi doppiatrici e i narratori

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Non meno affollato è l'insieme delle interpreti femminili dei "peplum", anch'esse doppiate come quasi tutte le colleghe più blasonate. Tra le più avvenenti e presenti nel genere storico-mitologico, Gianna Maria Canale è doppiata da Lydia Simoneschi in Maciste contro il vampiro dove Leonora Ruffo e Annabelle Incontrerà hanno la voce di Maria Pia Di Meo e Rita Savagnone; e in La regina delle Amazzoni di Vittorio Sala, dove Rod Taylor recita grazie a Rinaldi, Donan Gray a Di Meo, Adriana Facchetti a Wanda Tettoni, Daniela Rocca a Savagnone e Ignazio Leone a Ferruccio Amendola. Wandisa Guida è doppiata dalla Di Meo in Ercole contro Roma e da Dhia Cristiani in II gladiatore di Roma dove Ombretta Colli ha la timbrica della Savagnone. Ancora la Savagnone per doppiare una cantante famosa, Ornella Vanoni, nel ruolo di Tarpeia in Romolo e Remo, Christine Kaufmann in Gli ultimi giorni di Pompei dove Mimmo Palmara ha la voce di Gualtiero De Angelis, Moira Orfei in La rivolta dei Pretoriani dove a Richard Harnson si sostituisce Locchi. Maria Pia Di Meo è la voce di Luisella Boni, che si fa chiamare Brigitte Corey, in Sansone dove Mara Berni è doppiata dalla Cristiani e Carlo Tamberlani da Gualtiero De Angelis; di Scilla Gabel in Maciste, il gladiatore più forte del mondo, di Sylva Koscina in L'assedio di Siracusa dove a Tina Louis si sostituisce Andreina Pagnani, di Sandra Milo in Erode il Grande, di Ombretta Colli in Il figlio di Spartacus dove Gianna Maria Canale è doppiata dalla Savagnone, Roland Barthrop da Gualtiero De Angelis, Giovanni Cianfriglia da Manlio De Angelis, Jacques Sernas da Bellini, Enzo Fiermonte da Mario Pisu, Franco Balducci da Cigoli, che si ritrova a recitare in sala di sincronizzazione con Ivo Garrani (Giulio Cesare) il quale si autodoppia come Claudio Gora (Crasso)[31]. Fiorella Betti presta la voce a Ilaria Occhini in Cartagine in fiamme e Federica Ranchi in La vendetta di Ercole dove Ugo Sasso ha quella inconfondibile di Bruno Persa, mentre a Sandro Moretti, l'assistente del tenente Schendan (Ubaldo Lay), si sostituisce Massimo Turci. Lydia Simoneschi, insieme a Cigoli l'attore-doppiatore più presente nelle sale di doppiaggio, permette a Chelo Alonso di recitare con la sua straordinaria timbrica in Maciste nella terra dei Ciclopi e Maciste nella valle dei re, dove Federica Ranchi è al solito doppiata dalla Betti, mentre Angelo Zanolli e Nino Musco recitano grazie a Glauco Onorato e Carlo Romano. Nel 1959, dal film-inchiesta di Alessandro Blasetti, Europa di notte (in sei mesi incasso record di lire 1.200.000.000), inizia un altro filone, il sexy, che esaurirà la sua vena tanti anni dopo, quando sia il "peplum" che lo "spaghetti western" sono già morti e sepolti da tempo. Gli italiani accorrono a frotte ad assistere agli spogliarelli che gli sono negati in patria. Essi finalmente riescono a buttare lo sguardo nelle peccaminose notti del mondo; notti dolci, calde, piene di donne proibite, liberate da ogni tabù che vivono in un mondo balordo, infame, nudo, crudo, cane. Una folla di registi, che da un giorno all'altro si scoprono documentaristi, confezionano pellicole a bassissimo costo dove una sola voce narrante risolve anche il problema della post-sincronizzazione[32]. Il capostipite dei narratori del genere, diretto discendente delle voci-documentano del passato, Gigi Artuso e Guido Notan, è Corrado Mantoni, che, dopo Europa di notte inanella America di notte, Le dolci notti, I piaceri del mondo, La donna degli altri è sempre più bella, Mondo caldo di notte, Sexy con l'altra voce di Gino Bramieri. La timbrica più ricorrente, però, è quella di Nico Rienzi che narra in La donna di notte, Notti calde d'oriente, Notti e donne proibite, 90 notti in giro per il mondo, Il mondo sulle spiagge, Mondo sexy di notte, Sexy magico, Sexy show, Sexy follie, Sexy nudo, Sexy nel mondo, Mondo infame. Altri narratori spesso utilizzati sono Stefano Sibaldi in Mondo cane, Mondo cane n.2, Mondo di notte n.3, Mondo nudo, Sexy al neon bis, I tabù, La donna nel mondo, e Riccardo Cucciolla, dallo straordinaria timbro di voce, in L'amore primitivo, I malamondo, ‪Nudo, crudo e…‬, I tabù n.2. E ancora Alberto Lupo in Le città proibite, Nando Gazzolo in Il paradiso dell'uomo, Renato Izzo in Le mille e una notte, Romolo Valli in Mondo di notte, Mario Colli in Sexy al neon, Emilio Cigoli in Malesia magica, Ferruccio Amendola e Oreste Lionello in Sexy proibitissimo.

Il cinema italiano doppiato

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Sono realizzati in questo periodo anche documentari di qualità come Concilio Ecumenico Vaticano II con la voce narrante di Benedetto Nardacci, Gott Mit Uns dove i narratori sono Sergio Fantoni e Rolf Tasna, La lunga marcia per Pechino voci di Nino Dal Fabbro e Giorgio Piazza, Processo a Stalin con Giancarlo Sbragia, Dagli Zar alla bandiera rossa con Corrado e Tasna, Ecco il finimondo con Achille Millo, Vantimiracolo con Riccardo Cucciolla, Settimo parallelo con Mario Colli, La rabbia con le voci di Giorgio Bassani, Renato Guttuso, Carlo Romano e Gigi Artuso. Le società di doppiaggio (e in special modo soci che ne fanno parte) non possono essere soddisfatte dalla produzione massiccia di film-documentario, né trovano nelle pellicole italiane d'autore la possibilità di coinvolgere tanti doppiatori, per due ordini di motivi, un numero non elevato di interpreti e di questi molti si auto-doppiano[33]. Oltre alle co-produzioni che si fanno sempre più necessarie per il lievitare continuo dei costi e che necessariamente comportano l'inserimento di maestranze estere, per i doppiatori di professione si configura come una vera e propria fortuna il "desiderio" dei registi italiani di avere nelle loro produzioni attori stranieri. Jean-Louis Trintignant e Jacqueline Sassard, con le voci di Paolo Ferrari e Adriana Asti, in Estate violenta di Valerio Zurlini dove Federica Ranchi è doppiata da Luisella Visconti, mentre Eleonora Rossi Drago recita con la sua voce e per questo può essere premiata con il Nastro d'Argento, Jean Sorel e Gerard Blain, doppiati da Cesare Barbetti e Giuseppe Rinaldi, in L'oro di Roma di Carlo Lizzani, dove Filippo Scelzo ha la voce di Renato Turi, Ugo D'Alessio di Bruno Persa, Paola Borboni di Lydia Simoneschi, Peppino De Martino di Gualtiero De Angelis, Tino Bianchi di Mario Pisu, Philippe Leroy e Yvonne Furneaux, con le voci di Alberto Lupo e Luisella Visconti, in Caccia all'uomo di Riccardo Freda dove Fanfulla (il re dell'avanspettacolo, al secolo Luigi Visconti) è doppiato da Corrado Gaipa e Umberto Orsini da Riccardo Cucciolla, Romy Schneider (Asti) e Tomas Milian (Corrado Pani) in Boccaccio '70 nell'episodio diretto da Luchino Visconti "Il lavoro", mentre nell'episodio di Vittorio De Sica, "La riffa", Luigi Giuliani (Gaetano) è doppiato da un cantante che esordisce nel mondo del doppiaggio, Gianni Marzocchi, George Wilson e Frank Wolff con le voci di Corrado Gaipa e Carlo Giuffré in Le quattro giornate di Napoli di Nanny Loy dove Lea Massari è doppiata da Clara Bindi come già accaduto in L'avventura di Michelangelo Antonioni, Jacques Perrin con la timbrica caratteristica di Massimo Turci in La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini, dove Luciana Angiolillo è doppiata da Anna Miserocchi, mentre alla Cardinale (Aida Zapponi) si sostituisce la Asti che registra in colonna separata sotto la direzione dello stesso regista e di Mano Maldesi[34], Belinda Lee doppiata meravigliosamente da Lydia Simoneschi in La lunga notte del '43 di Florestano Vancini dove Andrea Checchi ha la voce di Giuseppe Rinaldi e Romano Ghini di Sergio Graziani che lo fa parlare in veneto; Serge Reggiani e Martin Balsam, doppiati da Aldo Giuffré e Corrado Gaipa, in Tutti a casa di Luigi Comencini dove Mano Feliciani ha la voce di Cucciolla, Laurent Terzieff (Paolo Ferrari) e Martine Carol (Valeria Valeri) in Vanina Vanirti di Roberto Rossellini, Tomas Milian e Curd Jurgens, doppiati da Paolo Ferrari e Gaipa, in Il disordine di Franco Brusati dove Renato Salvatori recita con la voce di Cucciolla, Jacques Sernas (Rinaldi), Martine Carol (Rosetta Calavetta) e Philippe Nicaud (Pino Locchi) in La prima notte di Alberto Cavalcanti, dove Giacomo Furia è doppiato da Carlo Romano e Claudia Cardinale da Germana Calderini, Frank Wolff e Francoise Prevost, con le voci di Sergio Fantoni e Rita Savagnone, in II processo di Verona di Carlo Lizzani, dove Vivi Gioi recita grazie a Franca Dominici, Giorgio De Lullo a Nando Gazzolo, Filippo Scelzo a Renato Turi, Tino Bianchi a Sergio Tedesco, Umberto Raho a Bruno Persa, Gérad Blain, Tomas Milian e Betsy Blair, doppiati rispettivamente da Cucciolla, Paolo Ferrari e Valeria Valeri ne I delfini di Francesco Maselli, dove Nora Bellinzaghi, nella parte della madre di Fedora, ha la voce di Amina Curci e Claudia Cardinale (Fedora) della solita Adriana Asti che è a sua volta doppiata, nel ruolo di Amore, da Luisella Visconti in Accattone di Pier Paolo Pasolini, dove Franco Citti (Accattone) recita grazie a Paolo Ferrari, Franca Pasut (Stella) a Deddy Savagnone, la sorella di Rita, mentre le voci della moglie di Accattone e di Maddalena (Silvana Corsini) sono, rispettivamente, quelle di Monica Vitti e di Ileana Zezza, doppiatrice di Florinda Bolkan in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto realizzato da Elio Petri alla fine degli anni '60 con uno straordinario Gian Maria Volonté che si aggiudica, con tutti i meriti, il Nastro d'Argento del 1970 quale migliore protagonista maschile. Volonté raramente si presta a doppiare un collega. Ma in Banditi a Orgosolo si lascia convincere da Vittorio De Seta, al suo primo lungometraggio, facendo recitare in voce, Michele Cossu, il bandito sardo, mentre Ivo Garrani doppia il maresciallo dei carabinieri e il narratore è Giancarlo Sbragia.

Dal boom alla crisi

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Se nel 1958 sono 137 le pellicole italiane realizzate a fronte delle 363 straniere distribuite, nel 1962, anno della massima espansione economica, escono 246 film "made in Italy"[35]. Di conseguenza il numero di pellicole importate scende a 283, determinando un notevole beneficio per la bilancia dei pagamenti di uno Stato che crede di essere entrato nel circolo virtuoso della crescita economica, ma creando una grande apprensione alle società e cooperative di post-sincronizzazione che si ritrovano inaspettatamente a fronteggiare un periodo di relativa crisi. Una crisi che nonostante il boom inizia a serpeggiare anche in altri settori e che sfocerà presto in congiuntura. In alcuni film lo stato di frustrazione (che si accompagna, per qualcuno, all'impossibilità di partecipare in fretta alla ricca tavola imbandita dal boom economico) e il senso di disagio (che è indotto in altri dal pensiero che quel benessere così faticosamente raggiunto può ridimensionarsi) sono componenti evidenti di un non superato malessere di fondo e segni premonitori di difficoltà prossime a venire. Dino Risi nel 1962 realizza con Il sorpasso il film simbolo della commedia all'italiana che da diversi anni va connotando, più di ogni altro genere, la produzione cinematografica dell'Italia del benessere, registrando puntualmente tutte le fasi attraverso le quali il boom economico si auto-rappresenta, celebrandosi, come in Femmine di lusso (1960) di Giorgio Bianchi dove Massimo Serato è doppiato da Locchi, Sylva Koscina dalla Di Meo, Caprice Chantal dalla Calavetta, Ivan Desny da Cigoli e Belinda Lee dalla Simoneschi, o in Ferragosto in bikini (1961) di Manno Girolami dove Ennio Girolami, il figlio del regista, recita grazie a Barbetti, Gerard Landry a Cigoli, Marisa Merlini a Lydia Simoneschi e Valeria Fabnzi a Rosetta Calavetta. Il sorpasso si chiude sull'espressione inebetita di Bruno (Vittorio Gassman), un mediocre e irresponsabile sbruffoncello di città a cui pare impossibile, nel momento dell'incidente mortale, che la vincente filosofia di vita propugnata dal boom, correre e sorpassare per vivere al di sopra di tutto e di tutti, può ad un tratto fare ì conti con la cruda realtà. Nello scontro dell'ultimo sorpasso perde la vita, Roberto, un giovane studente, timido e introverso, conosciuto occasionai mente il giorno prima. I due, allontanandosi da Roma per la Versilia, si ritrovano casualmente a ripercorrere i luoghi della memoria. Bruno per puro calcolo (l'incontro con la moglie, da cui da tempo è separato, è l'occasione buona per spillarle dei soldi e magari carpirle una notte d'amore; e quello con la giovane e attraente figlia, Lilly, fidanzata ad un attempato industriale possessore di tutto ciò a cui Bruno aspira), Roberto per un desiderio inconscio di riprovare le piacevoli sensazioni che lo hanno coinvolto da ragazzo quando frequenta quei luoghi di villeggiatura. Risi va sul sicuro con Gassman, il quale, per la sua magistrale interpretazione, vince il Nastro d'Argento, mentre per l'uomo attempato si rivolge ad uno straordinario attore, Claudio Gora, che recita con la sua voce. Nel ruolo della moglie chiama, Luciana Angiolillo, una ex indossatrice che si è avvicinata al cinema, ormai trentenne, per interessamento di Ennio Flaiano. Luciana, il cui vero cognome è Nevi, ha recitato quasi sempre doppiata, lo è anche questa volta, da Benita Martini, che sarà la voce glaciale della Regina in Biancaneve e i sette nani nel doppiaggio realizzato, per motivi discutibili, nel 1972[36]. Per il ruolo di Lilly il regista sceglie una quasi esordiente dal volto da ragazzina ingenua e dallo sguardo malizioso, Catherine Spaak, che ha già avuto modo di turbare i sonni degli italiani con il suo primo film I dolci inganni (1960) di Alberto Lattuada. La Spaak è straniera e non conosce l'italiano. È chiamata in sala di doppiaggio per farla recitare una esordiente dalla voce fresca e melodiosa, Melina Martello, che, una decina di anni dopo, farà vibrare con toni dolcissimi la Biancaneve della riedizione. Risi affida la parte di Roberto ad un giovane attore francese con alle spalle diversi film importanti, Jean-Louis Trintignant, e chiama, come solitamente accade se il doppiaggio è realizzato dalla CID, Paolo Ferrari per farlo recitare in italiano. Durante la pazza corsa in spider verso le spiagge alla moda del litorale toscano, in una sorta di rivisitazione dei simboli legati al boom economico, mentre Bruno sfodera tutto il suo repertorio di battute sarcastiche contro i simboli del passato, Roberto-Trintignant-Ferrari, cerca di approfondire la casuale conoscenza che lo sta spingendo a modi comportamentali a lui non congeniali. «È vero che sei nei frigidair? / Sì, no come no! È il ramo mio. Per adesso vanno bene, se dopo il mercato è saturo, io cambio» gli risponde Bruno-Gassman, con la solita sicurezza spavalda di chi vive nella certezza che il benessere prima o poi arriverà anche per lui e per sempre. Ma così non è E quel convulso correre di Bruno, che si conclude in un burrone dove Roberto muore, è la testimonianza di un presentimento che aleggia nel racconto e nella società italiana, il boom dà già segni di affaticamento[37]. L'economia italiana sta per entrare in un periodo di stagnazione a cui seguirà una lunga recessione anche se l'industria cinematografica risentirà solo marginalmente dell'evento negativo per la forte domanda di cinema che si mantiene costante fino a metà degli anni '70 e che spinge a produrre 250 film in media l'anno con una punta incredibile di 290 pellicole realizzate nel 1964.

Note

  1. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 137
  2. ibidem
  3. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 138
  4. ibidem
  5. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 139
  6. ibidem
  7. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 140
  8. ibidem
  9. ibidem
  10. ibidem
  11. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 142
  12. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 143
  13. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 144
  14. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 145
  15. ibidem
  16. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 146
  17. ibidem
  18. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 147
  19. ibidem
  20. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 148
  21. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 149
  22. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 150
  23. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 153
  24. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 154
  25. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 155
  26. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 155
  27. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 156
  28. ibidem
  29. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 157
  30. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 158
  31. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 159
  32. ibidem
  33. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 161
  34. ibidem
  35. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 162
  36. ibidem
  37. ibidem


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