Totò, Peppino e la... malafemmina

Da Enciclopedia del Doppiaggio.it.


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Totò, Peppino e la... malafemmina (1956)
' | Italia
regia di Camillo Mastrocinque
105 min | B/N | commedia
una produzione Isidoro Broggi, Renato Libassi per D.D.L
scritto da Sandro Continenza, Nicola Manzari, Edoardo Anton, Francesco Thellung

soggetto Nicola Manzari
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Interpreti e personaggi
Doppiatori originali
Interpreti e personaggi
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Doppiatori italiani
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Doppiaggio italiano: C.D.C.
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Fotografia di Mario Albertelli, Claudio Cirillo
Musiche di Pippo Barzizza - Lelio Luttazzi - Totò
Effetti speciali a cura di '
Montaggio di Gisa Radicchi Levi
Scenografie a cura di Alberto Boccianti
Premi:
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« ... salutandovi indistintamente, i fratelli Caponi, (che siamo noi) »
(Conclusione della lettera dettata da Totò)

Totò, Peppino e la... malafemmina è un film commedia diretto da Camillo Mastrocinque nel 1956. La pellicola si colloca nel filone dei film comici della storica coppia Antonio De Curtis - Peppino De Filippo, con riferimenti al genere dei musicarelli quando Teddy Reno propone alcuni brani del suo repertorio, oltre alla canzone che intitola il film, scritta dallo stesso Totò. Il film ebbe inoltre un ottimo successo di pubblico essendo stato il campione d'incasso dell'anno di uscita (circa 1.751.000.000 di lire, equivalenti a circa 23 milioni di euro attuali).

Indice

Trama

Antonio Caponi e suo fratello Peppino vivono nelle campagne di Napoli. Sono proprietari terrieri, campagnoli e di scarsa cultura: Antonio, il primogenito, è spendaccione e donnaiolo, spesso a danno del più giovane, il sottomesso e avaro Peppino. Entrambi sono alle prese con il ben più ricco mezzadro Mezzacapa ai danni del quale combinano, puntualmente, qualche gioco.

Gianni, l'aitante figlio della loro sorella Lucia, nel corso dei suoi studi di medicina a Napoli si innamora di Marisa, prima ballerina di avanspettacolo…

Scene comiche

Le peripezie dei due fratelli scorrono parallelamente alla vicenda. Numerose gag sono rimaste celebri: dalle liti e i dispetti con il ricco mezzadro confinante Mezzacapa, alle disavventure in terra milanese.

Oltre alla lettera strampalata (trascritta in seguito), un'altra scena è quella che si svolge di fronte al Duomo di Milano, fra Totò, Peppino e un vigile urbano: i fratelli provano a chiedere informazioni per raggiungere il teatro in cui si esibisce la "malafemmena", inanellando una serie di equivoci.

I due scambiano il vigile per un generale austriaco alleato, e tentano di farsi capire con un bizzarro miscuglio linguistico, che dà origine alla gag "Excuse me... bittescèn, noyo volevàn savuàr l'indiriss... ja?", composto: dall'espressione inglese "excuse me" ("mi scusi"), seguito dal tedesco "bitte schön" ("mi scusi" o "prego"); un improbabile pronome spagnolo "noyo" (misto di "noy" e "yo", "noi" e "io"), un tentativo di verbo al francese (che invece richiama il termine culinario "vol-au-vent"), il verbo francese "savoir" (sapere) e una parola del dialetto meneghino "indiriss" (indirizzo), conclusa con il "sì" tedesco, "ja".

Nonostante i due non abbiano varcato il confine, resta un'incomunicabilità legata a fattori culturali: prima i due scambiano il vigile per tedesco (quando lui chiede in dialetto "m'ha ciapà per un tedesco?"), e lo stesso vigile non riconosce la loro provenienza ("ma dove venite, voi? dalla Val Brembana?"). Le cose non migliorano quando il vigile gli parla poi in italiano, in quanto la frase che ne scaturisce conduce a una sorta di qui pro quo linguistico: "Dunque, noi, vogliamo sapere, per andare dove dobbiamo andare... per dove dobbiamo andare? Sa, è una semplice informazione!". Il tutto in un contesto comico che amplifica la goffaggine dei due personaggi in Alta Italia.

Altra scena è quella dell'arrivo dei tre fratelli alla stazione di Milano, intabarrati come cosacchi (contrappuntata da una marcetta in tono) nonostante il clima primaverile, con surreali richiami a luoghi comuni sul clima lombardo e sulla nebbia "... che c'è e non si vede", già menzionata in un precedente colloquio con Mezzacapa.

La trascrizione della lettera alla malafemmina

« Signorina
veniamo noi con questa mia addirvi una parola che che che scusate se sono poche ma sette cento mila lire; noi ci fanno specie che questanno c’è stato una grande morìa delle vacche come voi ben sapete.: questa moneta servono a che voi vi con l'insalata consolate dai dispiacere che avreta perché dovete lasciare nostro nipote che gli zii che siamo noi medesimo di persona vi mandano questo [la scatola con i soldi, ndr] perché il giovanotto è studente che studia che si deve prendere una laura che deve tenere la testa al solito posto cioè sul collo.;.;
Salutandovi indistintamente i fratelli Caponi (che siamo noi i Fratelli Caponi)
 »
(Totò e Peppino, Totò, Peppino e... la malafemmina)

Al di là degli errori grammaticali, tesi verso un effetto comico, il testo contiene alcuni artifici di natura linguistica. Nel dire "addirvi (una parola)" Totò chiede che "a dirvi" si scriva tutto attaccato, con conseguente rafforzamento sintattico, e insieme esprime il concetto di "dire una parola", cioè di comunicare qualcosa, concetto peraltro puramente tautologico.

Più avanti la parola "specie" ha la funzione di legare due frasi subordinate attraverso una triplice accezione: con "ci fanno" intende dire che tutti quei soldi rappresentano un impegno oneroso, "ci fanno specie" (ci meravigliano), per rimarcare che non è loro abitudine ricorrere ad elargizioni, data la conclamata avarizia di Peppino, e aggiunge che accade in un anno di morìa bovina, quindi "specie" è usato anche come "specialmente" la ciliegina di questo periodo è la pausa:"una grande morìa delle vacche come voi -pausa- ben sapete ecc...". La stessa tonalità di Totò dettante favorisce questo uso duplice del termine: analogamente indica, con un gesto, che "quest'anno" si debba scrivere tutto attaccato.

Altri errori si possono comprendere dalle controscene di Totò mentre cerca di giustificare a Peppino le sue scelte lessicali: l'uso del punto e dei due punti e quindi del punto e punto-e-virgola per non essere tacciati di tirchieria, la voce verbale "avreta" invece di "avrete" perché il destinatario è al femminile, denominare "perché" come aggettivo qualificativo, fino all'invito a inserire la parentesi chiamandola "parente". La correzione "con l'insalata" era invece un travisamento di Peppino che poi corregge. Al termine della dettatura, Totò chiede al fratello se vuole aggiungere qualcosa, e Peppino propone "senza nulla a pretendere", come a volersi cautelare. Mentre Totò suggerisce un "in data odierna", ma entrambi convengono sul non scriverlo per il fatto che "quello poi si capisce".

Vi sono inoltre riferimenti e storpiature di frasi fatte o del linguaggio tipico della corrispondenza formale. Come il finale "salutandovi indistintamente", forma storpiata di "distinti saluti". O il "giovanotto che [...] deve tenere la testa al solito posto cioè sul collo", rivisitazione del modo di dire "avere la testa sulle spalle" (o "sul collo").

Secondo la testimonianza di Teddy Reno, in seguito confermato in parte anche da Ettore Scola (che lavorava in qualità di aiuto regista) la scena fu semi improvvisata. In origine non era riportata nel copione del film, copione che non convinceva del tutto i due attori, che, durante le riprese, stravolgevano spesso e volentieri le scene da girare. Nella versione definitiva, inoltre, si nota che Peppino scrive la seconda metà della lettera sull'ultima riga sovrascrivendola più volte, probabilmente non prevedendo un testo così lungo[1]. Scola aggiunse che lui, autore di rilievo di alcune gag, lavorando nel cast tecnico del film, propose la scena.

Influenze

  • In Non ci resta che piangere del 1985 Massimo Troisi e Roberto Benigni si ispirano liberamente a questa lettera interpretando una scena nella quale tentano di scrivere a Girolamo Savonarola per chiedere un atto di clemenza. I tentennamenti dei due personaggi nella stesura della lettera vanno racchiusi nella ricerca di una forma che possa esprimere al meglio il loro sussiego nei confronti del celebre personaggio, con eccesso di umiltà e servilismo che ottiene anche qui una lettera bizzarra più dal punto di vista sintattico che grammaticale.
  • Nella seconda puntata di Rockpolitik del 2005 va in scena uno sketch in cui Roberto Benigni, ospite del programma, detta ad Adriano Celentano, conduttore del programma, un'ipotetica lettera di scuse a Silvio Berlusconi, ispirata alla celebre scena di Totò e Peppino.
  • Nel 2008 esce in Francia il film Giù al Nord che parla delle differenze nord-sud della Francia e riprende alcune tematiche di questo film: il ruolo di consigliere sul freddo e sulla nebbia milanesi qui attribuito a Mezzacapa sarà interpretato dal celebre attore Michel Galabru. In entrambi i film quando i protagonisti arrivano nel nord del loro paese sono vestiti con abiti invernali quando invece fa molto caldo. Infine in entrambi i film si gioca sulla possibile incomprensione tra i diversi popoli del nord e del sud causata dai diversi dialetti utilizzati nelle diverse regioni di Francia e Italia.
  • Nell'edizione 2010 di Zelig Paolo Cevoli e Claudio Bisio hanno proposto alcuni sketch in cui il primo nei panni dell'assessore Cangini detta al secondo una lettera sulla falsa riga della lettera di Totò e Peppino.

Luoghi di ripresa

  • La scena rurale di Totò e Peppino che su di un calesse lanciano sassi alla finestra del loro confinante e rivale Mezzacapa è stato girato a Via Ponte di Nona alla periferia est di Roma.
  • La stazione delle FS al minuto 13" del lungometraggio è quella di Lunghezza (comune di Roma)
  • La villa dove soggiornano Gianni e Marisa è Villa Volpicelli nel quartiere Posillipo a Napoli, la stessa che dal 1996 rappresenta l'esterno di Palazzo Palladini, nel quale sono ambientate le vicende della soap opera di RaiTre Un posto al sole.

Note

  1. RaiCinema.it
  2. Film.it: recensione del film

Collegamenti esterni


Totò (1898 - 1967)
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