Storia del doppiaggio: Il periodo della ricostruzione

Da Enciclopedia del Doppiaggio.it.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Storia del doppiaggio.

Indice

Si rimette in moto la macchina del cinema

In alto Giulio Andreotti, promotore dell'omonima legge che permetterà all'industria cinematografica di risollevarsi. In basso Guido Notari, storica voce della radio e della Settimana Incom

I risultati delle elezioni amministrative del 10 marzo del 1946, che decretano l'affermazione della Democrazia Cristiana, del Partito Socialista e del Partito Comunista, sono confermati nelle elezioni per l'Assemblea Costituente che seguono il referendum del 2 giugno dove il 54 % del popolo italiano si pronuncia a favore della Repubblica. Nel gennaio del 1947 De Gasperi vola negli USA come presidente di un governo di coalizione. Ottiene cospicui aiuti da parte degli americani, ma a patto che le forze di sinistra restino fuori del governo. Il 21 giugno il nuovo gabinetto presieduto da De Gasperi ottiene la fiducia dell'Assemblea Costituente. Non ci sono i socialisti e i comunisti, c'è invece Giulio Andreotti che il 21 luglio 1948 inaugura i ricostruiti stabilimenti di Cinecittà. «Governa verso l'alto, timoniere. Anche il cinema nostro è una grande nave. E voi coraggio vogatori che sedete al banco. Un grande cammino è da compiere, cinema nostro». Così il giornalista della Settimana Incom conclude il suo articolo letto dal solito Guido Notari, entrambi, non avendo avuto ancora il tempo di disperdere l'uno la retorica, l'altro l'enfasi di un passato che poi tanto passato non è.[1]
Il 29 luglio del 1949 viene varata la legge n° 448 detta "piccola" che introduce la "tassa sul doppiaggio" sui film stranieri, allo scopo di creare un fondo per il finanziamento di quelli italiani e il 29 dicembre la legge n° 958 detta "grande" o anche "legge Andreotti" con la quale, tra l'altro, viene elevato al 18 % il contributo per i prodotti nazionali di "particolare valore artistico" e viene concesso un abbuono del 20 % sui diritti erariali agli esercenti che programmano pellicole italiane. L'effetto è immediato. Dai circa cinquanta film prodotti nel 1948 si passa ad oltre cento pellicole nel 1950, mentre sul territorio nazionale centinaia di sale cinematografiche aprono i battenti raggiungendo in questi anni le settemila unità, arrivando al considerevole numero di 10.000 (escluse quelle parrocchiali, circa 5000) nella stagione 1954/55 quando la produzione italiana tocca il suo massimo relativo - nel periodo compreso tra il 1927 e il 1970 - di circa 180 film prodotti, con 800 milioni di spettatori contro i 400 milioni del 1946.

…e quella del doppiaggio

Le due organizzazioni principali di doppiaggio operanti a Roma non risentono affatto delle nuove misure legislative visto che è consuetudine doppiare anche i film italiani[2].
Pietro Germi, che nel cast di interpreti del suo primo film Il testimone del 1946 ha diversi attori doppiatori come Sandro Ruffini, Roldano Lupi, Arnoldo Foà e Cesare Fantoni, fa doppiare Pietro Sharoff da Mario Besesti, Dino Maronetto da Gualtiero De Angelis, Ernesto Almirante da Amilcare Pettinelli e lo stesso Fantoni da Cesare Polacco. La voce di Manna Berti è forse quella di Andreina Pagnani, quella narrante è di Giulio Panicali.
Sempre con gli attori della CDC, Roberto Rossellini realizza il doppiaggio di Paisà. La voce nanante è ancora quella di Panicali che doppia anche Renzo Avanzo, il partigiano Massimo. Nell'episodio ambientato in una deserta Firenze che sta per essere liberata dall'occupazione nazista ci sono anche le voci di Vinicio Sofia, Olinto Cristina, Giorgio Capecchi. Nell'episodio sull'Appennino emiliano si odono le timbriche inconfondibili di Carlo Ninchi e Carletto Romano che fanno parlare con accento del luogo due autentici monaci francescani di un convento di Majon (SA) dove Rossellini ha girato.
Sempre nel 1946 Duilio Coletti doppia Il Passatore servendosi di Panicali per far parlare Rossano Brazzi, Lydia Simoneschi per Valentina Cortese, Andreina Pagnani per Liliana Lame, Aldo Silvani per Gualtiero luminati, Gaetano Verna per Folco Lulli, Carlo Romano per Alberto Sordi e Mario Besesti per Camillo Pilotto. Ci sono anche Persa, Capecchi, Geri, Rinaldi, Majeroni, Gazzolo, Bernacchi, Polacco che presta la voce a Memmo Carotenuto e Cigoli che recita per Carlo Tamberlani, il maresciallo Borghi. Hanno la propria voce Carlo Ninchi, Carlo Campanini e Bella Starace Samati.
Pietro Germi, nel suo secondo film del 1947, Gioventù perduta, con Carla Del Poggio e Mssimo Girotti, fa doppiare Jacques Sernas da Giuseppe Rinaldi, Franca Maresca da Rina Morelli e Diana Borghese, la cantante ballerina, da Tina Lattanzi che dipinge con il suo birignao la battuta «per liberarsi di un padrone bisogna prima trovarsene un altro, questo ho imparato dalla vita».
Guglielmo Morandi, uno dei direttori di doppiaggio della ODI, cura nel 1948 la sincronizzazione di Mio figlio professore di Renato Castellani dove le tre sorelle Nava parlano grazie ad Adriana Parrella che doppia anche il figlio ragazzino di Fabrizi. L'anno precedente per Germania anno zero anche Roberto Rossellini ha scelto la voce di una ragazzina, quella di Flaminia Jandolo, per doppiare il giovane Edmund I (Edmund Moeschke). Così farà Federico Fellini, nel 1953, per dare voce, sempre ricorrendo alla Jandolo, a Guido Martufi, il piccolo ferroviere de I vitelloni.
Luciano Emmer, per il suo film d'esordio del 1949, Domenica d'agosto, si serve della CDC facendo doppiare Elvy Lissiak da Andreina Pagnani, Marcello Mastroianni da Alberto Sordi e Massimo Serate da Giuseppe Rinaldi. Ci sono in sala di registrazione anche De Angelis, Cristina, Simoneschi, Lattanzi, Cristiani, Romano e Emilio Cigoli che questa volta doppia se stesso. L'anno successivo invece Emmer si rivolge alla ODI per il doppiaggio de Le ragazze di piazza di Spagna. Cosetta Greco, nella parte di Elena, ha la voce di Adriana Parrella, Liliana Bonfanti (Lucia) quella di Flaminia Jandolo, Fernando Milani (Amedeo il postino) di Riccardo Cucciolla, Renato Salvatori (Augusto) di Andrea Costa (?) e Marcello Mastroianni (Marcello) di Nino Manfredi. Il narratore Giorgio Bassani parla grazie a Giulio Panicali in prestito dalla CDC[3]. Infine Lucia Bosè (Marisa) è doppiata da Gabriella Genta che lala prima del film ode uno spettatore commentare: «come si sente che la Bosè non è romana!».[4]

Una macchina, quella del doppiaggio, che non conosce soste e gira a pieno ritmo. I suoi interpreti non si concedono pause se non per andare a recitare in teatro o sui set cinematografici. È facile incontrare gli attori-doppiatori delle due organizzazioni nei viali di Cinecittà che si è riappropriata della sua funzione. La città del cinema italiano ospita diverse produzioni non appena è in grado di farlo; in questi film spesso si ritrovano a lavorare insieme attori che, come doppiatori, appartengono a società differenti[5].
In Cuore di Duilio Coletti con Vittorio De Sica, Maria Mercader, Giorgio De Lullo e Salvo Randone, ci sono anche Luigi Pavese e Augusto Mastantoni che sono doppiatori della CDC, Ave Ninchi, Armando Migliori, Guido Notari, Vittorio Sanipoli, Neno Bernardi, Pina Piovani, Mario Siletti, Rina Franchetti e Vanna Polverosi della ODI, c'è anche Luciano De Ambrosis, il piccolo Precossi, che doppiatore lo diventerà.
Poco distante, in un altro set, una mega produzione cerca di riproporre un cinema di cartapesta che certamente non segue le indicazioni del neorealismo, ma che deve diventare un biglietto da visita dei rinnovati stabilimenti. Il film, Fabiola, ha il chiaro intento di riportare Cinecittà ai fasti di un tempo, di riproporla come capitale del cinema europeo e di attirare le produzioni straniere, risultando del tutto evidente che l'industria cinematografica italiana non potrà risollevare le sue sorti con l'esperienza ancorché esaltante del neorealismo, ma, perché irripetibile, limitata nel tempo[6]. Regista è Alessandro Blasetti e uno dei suoi aiuti è Carlo Romano. Fabiola, il cui nutrito cast comprende Gino Cervi, Rina Morelli, Paolo Stoppa, Aldo Silvani, Guido Celano, Vinicio Sofia della CDC e Umberto Sacripante, Giovanni Heinrich, Annibale Betrone, Laura Gore, Tao (Paolo) Ferrari della ODI (e i doppiati Michele Morgan da Lydia Simoneschi, Michel Simon da Mario Besesti, Henry Vidal da Giuseppe Rinaldi, Massimo Girotti da Gualtiero De Angelis, Louis Salou da Sandro Ruffini, Sergio Tofano da Lauro Gazzolo, Guglielmo Bernabò da Carlo Romano non riscuote un successo adeguato allo sforzo produttivo profuso.
Ma i risultati non si fanno attendere viste le prerogative di Cinecittà offerte a costi contenuti. L'interesse è immediato da parte delle case statunitensi e di quel le europee che vedono nelle produzioni soprattutto di kolossal una possibilità di realizzazione altrimenti difficoltosa[7].

Quo vadis?: un caso di doppiaggio ibrido

Quo vadis? (1952), regia di Mervyn LeRoy

Nel 1949 la MGM decide di rifare - è la quarta volta - il Quo vadis? per la regia di Mervyn LeRoy L'investimento stabilito è il più alto nella storia delle produzioni cinematografiche, ma non sufficiente per girare negli Stati Uniti. Vengono scelti gli stabilimenti sulla via Tuscolana per realizzare la pellicola che dovrà diventare il kolossal per eccellenza della stona del cinema[8]. Gli spazi intorno ad essi sono enormi e tali da permettere alle legioni romane di muoversi con una relativa facilità. Cinecittà diventa il centro del mondo cinematografico e si parla di essa come della "Hollywood sul Tevere". Migliaia di romani accorrono a vestire i panni di legionari e cristiani. Le maestranze italiane hanno l'opportunità di lavorare con i tecnici americani. In futuro l'esperienza acquisita permetterà loro di realizzare i tanti kolossal "made in Italy" dei vari Ercole, Maciste e compagnia[9]. Nel 1952 il film montato torna a Roma per essere doppiato. Per la prima volta si chiamano attori di due organizzazioni distinte, la ODI e la ARS che si è appena formata, come si vedrà nel prossimo periodo[10]. Ai doppiatori della ODI vengono affidati gli attori che interpretano i romani; a quelli della ARS i cristiani. A Robert Taylor, nella parte di Marco Vinicio, presta la voce Carlo D'Angelo, a Leo Genn (Petronio) Roldano Lupi, ad uno straordinario Peter Ustinov nella parte di Nerone, aderisce magnificamente la recitazione di Arnoldo Foà. Tra gli altri ci sono anche, per la ODI, Adriana Parrella (Atte), Guido Notari (Tigellino), Michele Malaspina (Paolo), Vittorio Sanipoli (Ursus), Gianrico Tedeschi (Flavio) Deborah Kerr nella parte di Licia è doppiata da Gemma Griarotti, Patricia Laffan (Poppea) da Gabriella Genta. Per la ARS, tra gli altri, Aldo Silvani doppia Finlay Currie (Pietro) e Olinto Cristina fa recitare Felix Aylmer (Plauto).

Note

  1. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto, p. 89
  2. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto, p. 90
  3. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 91
  4. ibidem
  5. ibidem
  6. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 92
  7. ibidem
  8. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 93
  9. ibidem
  10. ibidem


Strumenti personali
Namespace
Varianti
Azioni
Navigazione
DOPPIAGGIO
INDICI A-Z
Strumenti