Fiorentino di nascita, con la passione del teatro ma con il dovere di laurearsi, trova un giusto compromesso con se stesso e i genitori. Appena conseguita la laurea in giurisprudenza torna a recitare nella compagnia di Palmarini-Colli. Nel 1915 sposa l'attrice Nella Baratta. È primo attor giovane nella compagnia di Carini-Baghetti, Tolli Melato-Betrone e Menchelli-Migliari. Notevoli le sue interpretazioni del principe di Metternich ne L'aiglon di Rostand e del Barone del Cedro ne Il ventaglio di Goldoni. Capocomico con Lina Paoli nella compagnia Galli-Viarisio, mostra un eclettismo ragguardevole per un attore che non ha frequentato accademie di recitazione. Nel 1934, l'anno di esordio nel cinema, gira tre film: Luci sommerse, La signora Paradiso e Campo di Maggio, mentre inizia l'attività del doppiaggio che diventerà, dopo la guerra, la sua principale occupazione. Nella parte del musicista Salieri gira Melodie eterne di Carmine Gallone. Nel cast di attori ci sono i suoi amici del doppiaggio Gino Cervi (Wolfgang A. Mozart), Cesarino Barbetti (Mozart da bambino), Sandro Ruffini (l'uomo del Requiem), Cesare Polacco (Haydn), Lauro Gazzolo (Deiner il locandiere), Luigi Pavese (Leopoldo Mozart), Paolo Stoppa (Haiden), Romolo Costa (Schroder) e Margherita Bagni (signora Weber). Marcacci ottiene nel 1939 un personale successo interpretando Napoleone Bonaparte nel film diretto da Duilio Coletti La sposa dei re, dove recita con Mario Pisu (Conte Bernadotta), Achille Majeroni (Talleyrand) e Emilio Cigoli (Giuseppe Bonaparte). Interpreta il governatore Delaruche in La prima donna che passa con Giuseppe Rinaldi(Raul d'Aubigny), Achille Majeroni (vescovo di Fleury) e Olinto Cristina (Conte di Vervius). Nella parte di Sangallo entra nel cast di Giuliano de' Medici dove Conchita Montenegro è doppiata da Lydia Simoneschi, Juan de Landa da Mario Besesti, Luis Hurtado da Sandro Ruffini, Carlo Tamberlani da Emilio Cigoli, Edoardo Tomolo da Stefano Sibaldi e Osvaldo Valenti da Giulio Panicali, tra gli attori che parlano con la propria voce, Leonardo Cortese (Giuliano de Medici) e Paolo Stoppa (Volpino).
Dalla metà degli anni 30 inizia la sua collaborazione nella prosa radiofonica dell'EIAR, prevalentemente presso la sede di Radio Roma, in via Asiago.
Nel 1943 interpreta l'ing. Pedro Alonso in Spie tra le eliche che la critica fa risaltare soprattutto per l'interpretazione di Enzo Fiermonte e Eugenia Zareska entrambi puntual mente doppiati, rispettivamente, da Giorgio Capecchi e Rosetta Calavetta; ma anche gli altri attori lo sono, forse a causa della guerra che incalza e disperde, a differenza della compagine dei doppiatori sempre compatta e prolifica. Enzo Biliotti ha la voce di Almicare Pettinelli, Augusto Di Giovanni di Luigi Pavese, Angelo Dessy di Bruno Persa, Arturo Bragaglia di Stefano Sibaldi e Guido Notari di Panicali. Nel 1940 Marcacci doppia David Niven ne La gloriosa avventura e James Stewart ne L'eterna illusione a cui presterà nuovamente la voce in Mr. Smith va a Washington. Entra nel cast di doppiatori di Io sono un evaso dove è la voce del reverendo Alien Hale Hamilton, di Capitan Blood (Basii Rathbone), di I lancieri del Bengala (Richard Cromwell). Marcacci, socio fondatore della CDC[1], abbandona quasi totalmente il teatro e il cinema per dedicarsi al doppiaggio, dove è quasi sempre impegnato in ruoli di rilievo e per attori di grido, ma a due attori in particolare Marcacci lega la sua bella voce dai timbri morbidi, Clifton Webb e Alan Ladd, doppiandoli in gran parte dei loro film[2].
Nel 1953 Augusto doppia Webb in Titanic e Primo peccato e tra il 1954 e 1956 in altri quattro film, Squilli di primavera, Tre soldi nella fontana, Il mondo è delle donne e L'uomo che non è mai esistito. Nel 1957 scherzo del caso, arriva in Italia per essere doppiato Il ragazzo sul delfino con Alan Ladd e Clifton Webb, oltre a Sophia Loren. Marcacci è scelto per prestare la voce a Webb mentre Ladd passa a Gualtiero De Angelis, forse per rispetto dell'appartenenza alla categoria che divide i doppiatori in extra, prima, seconda e generici. Per continuare ad alimentare il "mito" di Alan Ladd il regista è costretto a scegliere le posizioni di macchina migliori per far risaltare la statura non proprio da "divo" di Laad, concedendosi soltanto con il bambino le uniche inquadrature in linea. Allestisce anche dei rialzini che fungono da "protesi" per permettere a Ladd di reggere il confronto con le altezze sovrastanti di Webb e della Loren. Sophia, per l'occasione, si doppia da sé, non ricorrendo, come in altre occasioni alle "protesi vocale".