Lydia Simoneschi

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« E troverò un modo per riconquistarlo. Dopotutto domani è un altro giorno! »
(Lydia Simoneschi che doppia Vivien Leigh/Rossella O'Hara in Via col vento)

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(Lydia Simoneschi doppia Eleanor Parker nel film Pietà per i giusti, nel 1951 )

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Lydia Simoneschi

  • Cavalieredellarepubblica.png Cavaliere della Repubblica per meriti artistici 1980

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Lydia Simoneschi (Roma, 4 aprile 1908 – Roma, 5 settembre 1981) è stata un'attrice e doppiatrice italiana, tra le più rappresentative della prima generazione del doppiaggio.


Definita la "regina del doppiaggio italiano", in quarant'anni di carriera come doppiatrice Lydia Simoneschi (talvolta indicata anche come Lidia Simoneschi) ha dato la propria voce ad oltre cinquemila film. Rimase attiva nel mondo del doppiaggio fino al 1975.

Indice

Una voce...nell'ombra

Cartolina autografata da Lydia Simoneschi[1].

Sarebbe sufficiente la sua straordinaria doppiografia per rendere la grandezza di Lydia Simoneschi, una operatrice del cinema italiano misconosciuta. Cercare il suo nome nelle cronache cinematografiche dal sonoro agli anni '80 è come cercare il classico ago. I titoli di coda dei film si attardano a sottolineare la partecipazione dell'aiuto parrucchiere "tal dei tali" ma non riportano mai il suo nome. Soltanto in un film d'animazione, Robin Hood (Lady Cocca), si degnano di riportarlo. Lydia muore a Roma il 5 settembre del 1981. Ai suoi funerali sono presenti solamente i familiari. Nessuno dei suoi colleghi è presente, nessun giornalista e, tanto meno, i critici cinematografici[2]. Non una riga sui quotidiani del giorno dopo. Lydia se ne va sola e con lei la sua voce luminosa, esplosiva, ovattata, elegante, leggiadra, argentina, vibrante, accorata, profumata, malinconica, voluttuosa, fioca, soave, celeste, floreale, elettrica, imperiosa, appassionata, solare, marmorea. Riposa nel cimitero di Prima Porta a Roma.

Nasce nel quartiere dell'Esquilino il 4 aprile 1908, primogenita di Carlo e Giselda Grossi. Fin dalla più tenera età vive un strettissimo rapporto con il padre, attore in piccole e grandi compagnie dei primi decenni del XX Secolo. Carlo segue da vicino la formazione, artistica della figlia, cogliendone subito il talento. Ma la madre pretende e ottiene per Lydia una educazione di stampo classico: studi regolari, pianoforte, francese, pittura e ricamo. Carlo, dopo aver partecipato in qualità di ufficiale alla Prima Guerra Mondiale, rientra in famiglia dove la piccola Lydia impazza «con la sua vocina squillante e così cristallina da trapassare i muri». È un vero piacere ascoltarla per il padre che torna da una dura esperienza; le "cascatelle argentine delle sue inimitabili risate" sono per Carlo distinti segnali delle notevoli potenzialità vocali della figlia[3]. Così egli si mette al servizio di quella voce: la educa, la imposta, la forgia. La disinvoltura e la spigliatezza della giovane Lydia fanno il resto. Entra in qualità di prima attrice giovane nella compagnia di Camillo Pilotto; successivamente recita con le sorelle Gramatica, facendosi apprezzare nei teatri italiani ed europei. Lydia, come in un sogno, si ritrova a calcare i palcoscenici di Amsterdam, Parigi Berlino, Budapest. In un dopo spettacolo la Simoneschi incontra un giovane ufficiale di marina, Franz Lehmann, genovese di nascita, tedesco di origine. Inizia un rapporto intenso per il quale Lydia rinuncia al teatro, scegliendo di recitare nel doppiaggio. È sua la voce di Annabella ne II milione di René Clair in uno dei primi doppiaggi della storia del cinema italiano realizzato nel 1932. Sposa Franz il 19 dicembre 1936, seguendolo in giro per l'Italia nei suoi diversi trasferimenti legati alla sua attività di militare. Ma è sempre pronta a correre a Roma per prestare la sua voce che con il tempo acquista spessore e profondità. Diventa mamma e la nascita di Giorgio la allontana per qualche tempo dalle sale di doppiaggio. Per il particolare menage familiare non può accettare le proposte che riceve dal cinema: tra il 1932 e il 1936 recita soltanto in La vecchia signora, Pergolesi, Non c'è bisogno di denaro, Arma bianca. Il 19 giugno 1942 muore "il suo Franz" nel Mediterraneo meridionale «caduto nell'adempimento del suo dovere», come attesta la motivazione delle tre medaglie alla memoria, due d'argento e una di bronzo, attribuite al ventinovenne ufficiale. Il colpo è durissimo per Lydia che, però, è donna forte e combattiva. La guerra incombe e c'è il piccolo Giorgio a cui bisogna dedicarsi. Il figlio e il lavoro saranno le sue "uniche ragioni di essere"[4].

Una vita dedicata al doppiaggio

Quadro sinottico che riassume i principali doppiaggi della Simoneschi tra il 1949 e il 1959[5].

La signora Maria Loredana, moglie di Giorgio, racconta il suo primo incontro con Lydia[6]: «L'ho conosciuta nel 1958, nel corso di una festicciola organizzata da Giorgio (...) Timida, con i miei sedici anni, non ricordo cosa balbettai: frasi di convenienza forse ... o più semplicemente parole senza senso! Ero emozionala, sbalordita, attratta dalla sonorità e musicalità della sua voce che aveva solo pronunciato, senza enfasi, parole di benvenuto e simpatia». È ancora la voce a catalizzare l'attenzione di chi ascolta timbri e tonalità ineguagliabili, ma Lydia è soprattutto una grande attrice. Capace di virtuosismi vocali al limite delle potenzialità umane come in La spada nella roccia (Maga Magò), riesce ad aderire con straordinaria precisione ed efficacia alle interpretazioni più intense e raffinate come quelle proposte da Ingrid Bergman. Un giorno Maria Loredana le chiede come avesse potuto entrare, a freddo, con tanta partecipazione nel personaggio interpretato dalla Bergman in Le piace Brahms? La Simoneschi, con semplicità e modestia come suo natura, risponde: "Ma che ne sapete voi giovani di quel che passa nell'animo di una donna di quarant'anni!". Nella primavera del 1980 il Presidente Sandro Pertini la nomina Cavaliere della Repubblica per meriti artistici. Diradò la sua carriera di doppiatrice dalla seconda metà degli anni sessanta quando "perse" tutte le grandi dive del cinema che aveva conquistato fino a quel momento. Se prima aveva regolarmente doppiato famose attrici, il più delle volte molto più giovani di lei, da questo momento in poi fu chiamata al leggio quasi sempre per doppiare attrici di mezz'età o più anziane di lei ed in alcuni casi semi-sconosciute. Se nel 1963 aveva dato voce all'appena ventiquattrenne Ingrid Bergman nel ridoppiaggio di Intermezzo nel 1966 doppiò l'ottantaduenne Hélène Dieudonné ne Il santo prende la mira. I nuovi volti affidati alla Simoneschi in questo secondo periodo interpretavano oltretutto ruoli perlopiù secondari se non addirittura estremamente marginali: un esempio per tutti, dà la voce a Muriel Landers nella parte della sig.ra Blossom che pronuncia un'unica breve frase all'interno del film Il favoloso dottor Dolittle del 1967; tale declassamento a doppiatrice di personaggi anziani e/o secondari appare evidente nel film I racconti dello zio Tom: se nel 1950 Lydia aveva dato la voce alla co-protagonista Ruth Warrick, nel ridoppiaggio del 1973 fu invece la voce della nonna interpretata da Lucile Watson.

Nonostante questa fase calante sul finale della propria carriera, doppiò anche molte dive italiane, come Sophia Loren (in un paio di film italiani e poi in tutti i suoi film hollywoodiani fino al 1960) la quale era più giovane di lei di ben 26 anni, Silvana Mangano in Riso amaro (1949), Ulisse (1955) e in altri film fino alla metà degli anni cinquanta; anche la Mangano era molto più giovane di Lydia (22 anni di differenza). È stata anche la voce ufficiale di Alida Valli (più giovane di Lydia di 13 anni) in tutti i suoi film hollywoodiani come Il caso Paradine (1946) e Il terzo uomo (1948) nonché in alcuni francesi (come La grande strada azzurra, 1957) e italiani (ad esempio Il mondo le condanna, 1953); pare che la Valli quando doveva girare un film all'estero non firmasse nessun contratto se prima non fosse stata sicura di essere doppiata dalla Simoneschi nella versione italiana. Anche Valentina Cortese nelle sue pellicole hollywoodiane (come Malesia del 1949 e La contessa scalza del 1954) veniva doppiata dalla Simoneschi, ricorrendo alla voce di Lydia anche in produzioni italiane come Il passatore (1947); anche la Cortese era molto più giovane della Simoneschi (precisamente di 17 anni). In due film la Simoneschi doppiò anche Gina Lollobrigida (19 anni più giovane di lei): in Cuori senza frontiere del 1947 e in La città si difende del 1951. Inoltre prestò la propria voce anche alla cantante Nilla Pizzi protagonista del film Ci troviamo in galleria ed inoltre doppiò anche Elena Zareschi (nonostante che quest'ultima fosse a sua volta una doppiatrice), fu inoltre la voce narrante del film Pia de' Tolomei del 1941.

È utile e significativo analizzare l'attività, unica e irripetibile, di Lydia negli anni '49 e '59 in riferimento ai premi più importanti assegnati in questi anni e ai film più visti. C'è da chiedersi, per l'ennesima volta, come mai non viene dato risalto nelle cronache giornalistiche, radiofoniche e televisive alla doppiatrice che realizza una mole di lavoro enorme ai massimi livelli di qualità, come si cerca di evidenziare nel quadro sinottico a lato. La qualità offerta dalla Simoneschi è indubbia, altrimenti non le avrebbero affidato la Loren, la Mangano e tante altre attrici italiane le cui voci non possono competere con quella di Lydia, ma non è soltanto un fatto di voce. La sua recitazione è sempre puntuale e misurata sul personaggio. La sua modestia è una forte garanzia di riservatezza. Non può non risultare sorprendente che una voce così presente non sia riconoscibile dagli addetti ai lavori. Se si tiene conto di quanto riassunto nella propria doppiografia, risulta evidente e non minimizzabile il contributo di Lydia alla cinematografia italiana. La sua timbrica nobile si sente dal 1932 e, dal dopoguerra in poi, in maniera ossessiva e, forse, imbarazzante per tutti. Riconoscerla significa decretarne implicitamente il valore, e, al tempo stesso, sottolineare una carenza nelle attrici italiane che la utilizzano. Dare visibilità alla Simoneschi significa anche prestare il fianco all'eventuale confronto tra la sua recitazione e quella espressa dalle attrici italiane nei film dove recitano con la propria voce[7]. Intanto la carriera di Lydia si consuma tra uno stabilimento di doppiaggio e l'altro, tra una sala buia e l'altra a rincorrere quel sogno precoce di recitare che si concretizza nel modo più impensabile ed inatteso: prestare la voce alle attrici che incarnano il sogno di molti italiani.

Doppiatrice

Cinema

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Film Cinema
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Film d'animazione

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Film d'animazione
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Telefilm

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Telefilm
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Attrice

Cinema

Note

  1. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", pag. 479
  2. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", pag. 479
  3. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", pag. 479
  4. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", pag. 481
  5. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", pag. 482
  6. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", pag. 481
  7. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", pag. 484

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