Storia del doppiaggio: Il periodo eroico

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Scheda a cura di Gerardo Di Cola

Indice

La nascita del doppiaggio e dell'adattamento dei dialoghi

Marlene Dietrich in L'angelo azzurro (1930) di Josef von Sternberg.
Il film segna la definitiva affermazione del sonoro in Germania

La rivoluzione del sonoro porta con sé un problema di difficile soluzione per le grandi case di produzioni cinematografiche statunitensi che devono esportare le loro pellicole in Europa. È necessario rendere comprensibili i dialoghi in inglese a spagnoli, francesi, tedeschi, ai popoli scandinavi e slavi e, soprattutto, agli italiani che sono da diversi anni i migliori clienti. Per l'esportazione in Italia c'è, poi, una ulteriore difficoltà, bisogna superare lo scoglio di una legge emanata dal governo fascista alla fine degli anni '20 con la quale si proibisce la proiezione di film in lingua straniera. La legge, il cui alibi è di evitare alla lingua italiana la contaminazione con idiomi diversi, ha come unico scopo di bloccare qualsiasi idea in contrasto con l'ideologia fascista e i suoi insegnamenti[1]. Non è semplice trovare in tutta fretta una soluzione conveniente per i produttori americani e relativi distributori in Italia, valida per gli autori, e accettabile per il pubblico italiano che rischia di non poter godere della più importante innovazione attuata nel cinema dopo la sua invenzione. Durante la fase di transizione le pellicole straniere vengono "sonorizzate", cioè private del parlato, ma adesso i film sono realizzati in funzione di esso vedere le bocche muoversi senza poterne ascoltare la voce comporta per lo spaesato spettatore una crescente irritazione. Si odono soltanto le musiche e i rumori. Per la comprensione del contenuto dei dialoghi si ricorre a noiosissime e fastidiosissime didascalie, ne occorro così tante che tanto vale leggersi un libro[2].

Gli italiani sono dei lettori molto pigri, a parte l'analfabetismo, che si configura come una vera e propria piaga. Nel 1930 l'Italia conta circa quarantuno milioni di abitanti. Il 35% è coltivatore diretto e il 43% è operaio, di questi ultimi il 20% è salariato agricolo. Un altro 20% comprende gli impiegati e gli artigiani, il restante 2% forma il blocco della borghesia che praticamente guida il paese. Il 20% della popolazione, che ha una vita media di cinquanta anni (soltanto lo 0,3% può sperare di arrivare agli ottanta anni) e la cui dieta è fatta prevalentemente di cereali e legumi, non sa leggere, un'alta percentuale dei restanti lo fa male[3]. C'è il rischio di vedere vanificata dal provvedimento sciovinista la lieve ripresa del settore cinema, le sale dove si proiettano i film sonorizzati, cioè "ammutoliti", sono accuratamente evitate dagli spettatori in costante diminuzione. In altri cinema, in un primo momento, si propongono pellicole italiane realizzate nel periodo del muto, sono film talmente scadenti che, appena completati, sono stati relegati nel buio di umidi magazzini. Si dà fondo ad essi. Gli esercenti delle sale incominciano a temere per l'approvvigionamento, essendo la produzione italiana non all'altezza di soddisfare la domanda, mentre quella straniera deve subire l'onta della sonorizzazione.

I primi film "parlati"

Renè Clair dirige Sotto i tetti di Parigi (1930), uno dei primi film sonori francesi

Tra i film più significativi ammutoliti nel periodo 1929-1932, delle quasi cinquecento pellicole censurate totalmente, nel parlato, sono da ricordare Femmine di lusso (Columbia) di Frank Capra, con Barbara Stanwyck nella parte di una donna dal passato turbolento che fa innamorare un giovane e irrequieto pittore di buona famiglia, Il gran gabbo di James Cruze, con Eric von Stroheim, per la prima volta in un film parlato, che interpreta la parte di un artista ventriloquo che diventa un sadico assassino, Angeli dell'inferno (United Artists) del miliardario Howard Hughes, con, nel suo primo ruolo da protagonista, Jean Harlow alle prese con un personaggio di donna che ambiguamente intrattiene relazioni sentimentali con due inconsapevoli fratelli in procinto di partire per la prima guerra mondiale, Codice penale (Columbia) di Howard Hawks, dove si narra di un procuratore distrettuale non sempre all'altezza del suo compito delicato, Alleluja (MGM) di King Vidor, il primo film sonoro di una certa qualità che racconta la stona di un ragazzo negro che subisce le arti malefiche di una donna tanto infida quanto bella, L'angelo azzurro (Germania, UFA) di Josef von Sternberg, con Marlene Dietrich nel suo primo grande successo nel ruolo della ballerina di tabarin che fa innamorare un anziano professore di liceo, L'urlo della folla (Warner Bros) di Howard Hawks, con James Cagney nella parte di un asso delle corse automobilistiche che ha per rivale il fratello minore, Sotto i tetti di Parigi (Francia, Gaumont) di René Clair nella sua prima regia in un film sonoro anche se scarsamente dialogato, dove si racconta di un cantante di strada che fa a pugni con il suo migliore amico per una donna, Un'ora d'amore (Paramount) di Ernst Lubitsch, con Maurice Chevalier nella parte di un giovane medico parigino irresistibilmente attratto dall'altro sesso tanto da rischiare di compromettere il suo matrimonio, La rivista delle nazioni (WB) di John Adolfi, un musical dove uno spaesato John Barrymore recita il monologo del Riccardo III, anch'esso impietosamente censurato, I pionieri del West (RKO) di Wesley Ruggles, con Richard Dix, popolarissimo attore di western, che interpreta un colono alle prese con la realtà dura dell'ultima frontiera verso l'ovest; Le vie della città (Paramount) di Rouben Mamoulian, con Sylvia Sidney e Gary Cooper, dove si narra della figlia di un gangster accusata di un delitto, Città canora di Carmine Gallone che gira il film, di genere musicale, in Gran Bretagna dopo il suo momentaneo allontanamento dall'Italia dove non riesce a lavorare secondo i suoi intendimenti[4], Redenzione (MGM) di Fred Niblo, con John Gilbert che non si trova a proprio agio con il sonoro, avendo una voce sottile e poco fonogenica. Quasi tutte le cronache americane dell'epoca mettono in risalto questo aspetto e Filippo Sacchi sul "Corriere della Sera" provvede ad evidenziare per il pubblico italiano, che non ha la possibilità della verifica, il fatto Gilbert inizia la sua parabola discendente, ma soltanto molti anni dopo la verità sulla sua repentina, troppo repentina, uscita dalla scena cinematografica viene totalmente compresa, la moglie del produttore di Redenzione si era invaghita di lui, l'ultimo mito del cinema muto.

Il sonoro in Italia: Resurrectio (1930) di Alessandro Blasetti

Resurrectio (1930-1931), di Alessandro Blasetti, con Venera Alexandrescu.
Primo film sonoro realizzato in Italia, ma distribuito dopo La canzone dell'amore (1930) di Gennaro Righelli
Carlo Ninchi e Sandro Salvini in Terra Madre (1931) di Alessandro Blasetti

Le tematiche proposte dalle altre cinematografie affrontano problemi delicati, veicolarle attraverso le lingue straniere non conviene a nessuno in una Italia alle prese con ben altri problemi tanto vale togliere il parlato e aggi stare le didascalie esplicative rendendole funzionali alla filosofia corrente. Dopo tutto il pubblico italiano ha a disposizione i prodotti della sua industria cinematografica che produce, in uno sforzo notevole e inimmaginabile soltanto qualche tempo prima, circa una trentina di film nei due anni 1930 e 1931, a fronte di quasi trecento film programmati nelle oltre 2700 sale. Tra i film più significativi prodotti sono da ricordare: La canzone dell'amore (CINES) di Gennaro Righelli, dove si racconta la storia di Lucia, una ragazza che sacrifica il suo amore per prendersi cura del figlio della madre vedova, la quale, prima di morire, affida alla figlia il neonato avuto da una relazione occasionale dopo la morte del padre della giovane - tra gli interpreti, Camillo Pilotto, Corte d'assise (CINES) di Guido Brignone, dove un presunto omicida, arrestato dalla polizia e processato, si rivela innocente - e in una piccola parte recita Rosetta Calavetta, futura voce di Marilyn Monroe -, Napoli che canta (FERT) di Mario Abiurante, dove si narra di due giovani emigranti a New York che sono spinti al matrimonio dai rispettivi genitori, ma l'amore nascerà solo a Napoli dove si incontrano per caso dopo aver rinviato tante volte la data delle nozze, Rotaie (SACIA) di Mario Camerini, dove due giovani innamora ti decidono di suicidarsi con il veleno, ma il passaggio di un treno fa cadere il bicchiere, Resurrectio (CINES) di Alessandro Blasetti il primo film sonoro portato a termine in Italia, - ma distribuito per volere di Pittaluga dopo La canzone dell'amore[5]-, dove un direttore d'orchestra guarisce da una forte depressione dopo il salvataggio di un bambino che sta per essere travolto da un camion e grazie ad una ragazza che completerà l'opera di "resurrezione", Antonio di Padova, il santo dei miracoli (SACRAS) di Giulio Antamoro, con solo rumori e musiche, Terra madre (CINES) di Alessandro Blasetti, dove si narra di un giovane proprietario terriero (Sandro Salvini, il duca Marco) che sta per rovinarsi per una donna, ma riesce a fermarsi in tempo e sposare la figlia del fattore - in una piccola parte recita Guido Celano-, La segretaria privata (CINES) di Goffredo Alessandrini, dove si racconta di una ragazza di provincia che, trasferitasi in città, conosce un banchiere con il quale convolerà in matrimonio; Patatrac (CINES) di Gennaro Righelli, dove si narrano le avventure di un nobile ed elegante gentiluomo in una piccola parte recita Andreina Pagnani, Rubacuori (CINES) di Guido Brignone dove un maturo banchiere, che fa il cascamorto a dispetto della moglie (Tina Lattanzi), riceve una sonora lezione che gli fa cambiare atteggiamento verso le donne e, soprattutto, verso la consorte.

Doppiaggio o didascalie? L'idea delle "versioni plurime"

Sul set di Luigi La Volpe (1929-1930) di Hal Roach. Da sinistra i protagonisti delle versioni tedesca (John Reinhardt), inglese e spagnola (Gilbert Roland), italiana (Franco Corsaro, francese (Andrè Leguet)

Non c'è da stare allegri con film di questa fatta, poi lo spettatore italiano si è abituato al cinema statunitense che va sviluppando tutta una sene di generi cinematografici i cui codici sono già penetrati nei gusti del pubblico. Gli esercenti, fortemente preoccupati, diventano il termometro della particolare situazione italiana, essendo essi a contatto con gli spettatori i quali sono sempre meno disposti a sopportare film parlati, ammutoliti, o storie sdolcinate raccontate, oltretutto, in modo piatto, se la pellicola è "made in Italy"[6]. Sono preoccupati anche i produttori statunitensi che rischiano di perdere il fiorente mercato italiano. Le altre nazioni europee si sono presto abituate alle didascalie, anche per la ferma politica attuata dai rispettivi governi che ritengono di determinare in questo modo una forma di protezione per il prodotto cinematografico nazionale. La soluzione delle didascalie non piace neanche agli spettatori degli altri paesi, di conseguenza la fruizione del film straniero e in particolare americano viene scoraggiata a tutto vantaggio della produzione propria. L'Italia è nell'impossibilità di seguire questa via.

L'industria cinematografica statunitense, che è passata indenne attraverso la grande depressione del '29, sembra incapace di risolvere il problema dell'esportazione dei suoi film, girati in inglese, nel "bel paese" dove le lingue straniere sono avversate e le didascalie mal sopportate. La MGM, presa in contropiede dalla WB che, grazie al sonoro, è diventata la prima casa di produzione, tenta di riprendersi il primato con due mosse, gioca anch'essa la carta del musical e realizza di uno stesso film più versioni nelle diverse lingue dei paesi in cui la pellicola sarà esportata. L'idea delle versioni plurime piace anche alla Paramount che ritiene, però, più conveniente impiantare degli stabilimenti in Europa. La MGM chiama a recitare nelle pellicole da esportare attori immigrati delle varie nazionalità residenti a Hollywood o casualmente di passaggio con compagnie teatrali. La Paramount, che costruisce i suoi stabilimenti a Joinville, vicino Parigi, può contare, invece, sull'apporto di attori selezionati, i quali facilmente possono raggiungere la località dai rispettivi paesi (Spagna, Italia, Germania, Svezia, e, naturalmente, Francia). Questi posseggono dizioni perfette a differenza degli attori utilizzati dalla MGM, i quali hanno accenti antichi e inflessioni desuete. Il sistema consiste nel conservare intatta la scenografia del set cinematografico sul quale si alternano i registi e gli attori delle diverse nazionalità, ogni scena viene girata due, tre, quattro volte, seguendo una stessa sceneggiatura e con le stesse maestranze, ma con troupe differenti. La versione plurima si rivela un disastro dal punto di vista finanziario, organizzativo e artistico. Il caos impera negli studi dove esse vengono realizzate. Una moltitudine di attori deve essere alloggiata, rifocillata e guidata sui set. I registi si ritrovano a lavorare in scenografie che non possono essere adattate alle proprie esigenze di creatività e con sceneggiature sulle quali non si può in alcun modo intervenire. La versione plurima fa nascere una catena di montaggio della produzione filmica dove tutto è cristallizzato, ripetitivo, poco stimolante, come in una qualsiasi industria di macchine da cucire.

Karol Jacob e l'invenzione del doppiaggio

La prima pellicola realizzata negli Stati Uniti anche in versione italiana è Luigi La Volpe (The Men of North) (MGM) di Hai Roach, che esce in Italia nel novembre del 1930. Del film, che narra le avventure di un cacciatore dell'Alaska, sono approntate le edizioni francese, tedesca, spagnola e, naturalmente, inglese. Nella versione originale e in quella spagnola (con lo pseudonimo di Luis Alonso) il cacciatore è Gilbert Roland, mentre in quelle italiana, francese e tedesca sono, rispettivamente, il catanese Franco Corsaro, André Leguet e John Reinhardt. Per il ruolo di Nedra Ruskin (la ragazza di Montreal) è chiamata per le edizioni inglese, francese e tedesca, Barbara Léonard, mentre per quella spagnola sale sul set Rosita Ballestreros. Liliali Savin interpreta la meticcia Woolie-Woolie in tutte le versioni non in inglese, inoltre in quella italiana ci sono il triestino Marino Bello (il sergente), che ha la parte essendo il patrigno di Jean Harlow, "stella" in ascesa della MGM, il palermitano Paul Porcasi (il padre di Nedra), che si distingue negli USA anche come tenore, e ancora Lamberto Zanassi, Alessandro Giglio, Luigi Colombo, Alfredo Fiorenza, Aristide De Leoni. Il film non ha il successo sperato, ma in Italia è un vero fallimento perché gli attori impegnati, ormai lontani dall'Italia da molti anni, parlano un italiano con pesante inflessione inglese. Anche i dirigenti della 20th Century Fox decidono di tentare la via della versione multipla, ma senza eccessiva convinzione essendo la società tutta protesa a sperimentare un nuovo sistema, il doppiaggio, che promette di superare la barriera linguistica dei film girati in inglese con estrema facilità. Essi hanno intuito che il nuovo metodo, da poco inventato da un fisico austriaco, Karol Jacob, garantisce consistenti risparmi di tempo e denaro, una qualità superiore nel prodotto finito, velocità di esecuzione. Nella Fox opera, Louis Loeffler, un valente tecnico del montaggio cinematografico, che si diletta anche nella regia. Questi è vissuto alcuni anni a Roma dove sposa una romana. Egli conosce così bene l'italiano che sembra naturale ai responsabili della Fox affidargli la sperimentazione del nuovo sistema del doppiaggio. Nel frattempo si decide di portare sullo schermo in più versioni la storiaa di Breck Coleman, un giovane scout che deve guidare, tra mille difficoltà, una carovana di pionieri, dal Mississippi all'Oregon. Per realizzare The Big Trail (Il grande sentiero), primo kolossal parlato del genere western, che risulterà il miglior esempio di edizione plurima giunto in Italia, è chiamato il regista Raoul Walsh. Walsh chiede la collaborazione di Loeffler per l'edizione da esportare in Italia. L'anteprima della versione originale si tiene a New York la sera del 24 ottobre del 1930. II successo è enorme per la spettacolarità delle sequenze ambientate negli incomparabili scenari naturalistici del Montana, della Sierra Nevada e del Sequoia National Park. A John Wayne, nel suo primo ruolo da protagonista, è affidata la parte di Breck Coleman. Loeffler chiama Franco Corsaro (ancora lui) ad interpretare l'ardimentoso scout, che nella versione italiana uscita nel marzo del 1931 prende il nome di Gianni Coleman. I manifesti pubblicitari dell'epoca danno grande risalto al numero considerevole di attori e comparse presenti nel film e agli oltre 30.000 animali tra bisonti, cavalli e tori, che si alternano in scene di massa fortemente suggestive, evidenziano anche che «il più grande avvenimento cinematografico dell'annata, Il grande sentiero, è la visione meravigliosa della natura selvaggia e dell'amore puro di una fanciulla incantevole»[7]. La "fanciulla incantevole" è Luisa Caselotti (ancora lei) nella parte di Rita Alberti. Nell'originale il ruolo della ragazza è affidato a Marguerite Churchill (Ruth Cameron). A completamento del cast di attori oriundi o di origini italiane sono chiamati da Loeffler il catanese Franco Puglia (lo zio Luca), il veneziano Agostino Borgato (Flack il rosso), il napoletano Fred Malatesta (Bascom, nell'originale il ruolo è ricoperto da Ward Bond), Cesare Vanoni (Lopez), Oreste Seragnoli, Biado Minuti e Guido Trento nella parte di Paolo Clark.

L'era di Joinville

Gli stabilimenti Paramount a Joinville (Parigi)

La Paramount, invece, sbarca in Europa per girare le versioni in lingue diverse dall'inglese. Il complesso di sette studi che costruisce a Sain Maurice Joinville, in Rue des Reservoirs n.7, è guidato da Robert Kane il quale invita l'ambasciatore italiano a Parigi, Manzoni, ad assistere al primo giro di manovella del film d'esordio, Perché no?. Regista della pellicola è Amleto Palermi, alla sua seconda regia. Egli sceglie un cast di attori di tutto rispetto, attuando la filosofia dei dirigenti Paramount, i quali decidono di costruire in Francia gli stabilimenti per le versioni multiple per avere la possibilità di scegliere tra i migliori attori del periodo nelle relative nazioni europee, tutte vicine a Joinville, per avere la certezza di lavorare con attori in possesso di dizioni perfette e capacità recitative legate alla consuetudine al palcoscenico, per avere l'opportunità di affidare i copioni dei film creati per il pubblico statunitense a registi e sceneggiatori del luogo in grado di adattarli alle esigenze del mercato europeo. Gli attori impegnati nel modesto Perché no? sono la romana Maria Jacobini, attrice teatrale al suo esordio cinematografico (diventerà insegnante di recitazione al Centro sperimentale di recitazione dal 1938 al 1943), il ferrarese Livio Pavanelli, noto soprattutto negli ambienti cinematografici di Austria e Germania dove si è trasferito durante gli anni '20 a causa della crisi del cinema italiano, il catanese Oreste Bilancia, anche lui impegnato spesso all'estero, la fiorentina Vanna Vanni, che all'epoca porta il suo cognome, Pegna, e ancora, Antonio Nicodemi, Ernesto Paolucci, Sara Zardo, Rita Pagani, Mario Bozzano, Maura Versan e i piccoli Sergio Fonsilli, Marcella Sabbatini. Il film riporta un insuccesso clamoroso come le altre due pellicole realizzate nel 1930 in versione italiana, non a Joinville, da Palermi, si tratta di La straniera e La donna di una notte, rispettivamente girate negli stabilimenti della Tobis-Epinay di Parigi e in quelli della Tempelhof Babelsberg di Berlino. Sui due set cinematografici si alternano con gli attori francesi e tedeschi impegnati nelle relative edizioni nomi importanti del teatro italiano come Tina Lattanzi, che diventerà la regina del doppiaggio, il pisano Sandro Salvini, che si dedicherà totalmente all'attività di direttore di doppiaggio, Romano Calò, Oreste Bilancia, Mimi Aylmer, Ruggero Lupi, Carlo Martinelli, Enrico Signorini, Maya Moreno, e, per La donna di una notte, due "mostri sacri" del teatro italiano, Francesca Bertini e Ruggero Ruggeri, che darà la voce a Gesù nella serie dei film di Don Camillo, e ancora, Oreste Bilancia, Olga Bernard, Angelo Ferrari, Boris De Fast, Raimondo Van Riel, Romano Calò e Giorgio Bianchi, futuro regista e direttore di doppiaggio.

Il più prolifico regista di Joinville è l'italo americano Jack Salvatori, il quale per conto della Paramount gira Il segreto del dottore, secondo film realizzato negli stabilimenti che sono ribattezzati "la nuova torre di Babele", Il richiamo del cuore alle cui riprese assiste, in un giorno di maggio del 1930, Luigi Pirandello, di passaggio a Parigi per recarsi a Hollywood, La donna bianca e La vacanza del diavolo del 1931. Nel primo, gli attori impegnati nella versione italiana (vengono girate anche le versioni in inglese, francese, tedesco, polacco, spagnola, svedese, ceca, ungherese) sono Lamberto Picasso, Alfredo Robert, Soave Gallone, Oreste Bilancia, Vanna Vanni, Lina Modigliani, Antonio Nicodemi. Nel secondo, Carmen Boni, Carlo Lombardi, Ada Cristina Almirante, Dino Di Luca, Cesare Zoppetti, Anna Fontana, Alfredo Robert, Sandro Salvini, Raoul Donadoni. Nel terzo, Matilde Casagrande, Carlo Lombardi, Lamberto Picasso, Sandro Salvini. Nel quarto, Carmen Boni, Camillo Pilotto, Maurizio D'Ancora, Cesare Zoppetti, Marcello Spada, Ada Cristina Almirante, Armando Anzelmi e, tra i più presenti a Joinville, Oreste Bilancia e Sandro Salvini. Altri professionisti come Margherita Bagni, Maurizio D'Ancora, Amina Pirani Maggi, Lina Tncern, Loris Gizzi, Guido Celano, Amedeo Trilli, Carlo Cestan, Franco Coop, Vasco Creti, Oreste Fares, Paolo Stoppa, Andreina Pagnam, Mauro Serra, Ugo Cesen, Olinto Cristina, Alfredo Martinelli, Raoul Donadoni, Mercedes Bngnone, Sandro Ruffini, Mano Ferrari, Franco Schirato, si recano a Joinville per girare dei film. Ma si ritrovano sempre più spesso a doppiarli quei film, sotto la guida del primo direttore di doppiaggio della Paramount, Pier Luigi Melani. Questi attori, inconsapevolmente, hanno l'avventura di vivere un'esperienza di frontiera, esaltante negli aspetti di novità, anche se non risulta no ancora ben definiti contorni artistici della nuova attività del doppiare. Il più giovane doppiatore di Joinville è Mauro Zambuto, futura voce di Stanlio, il quale diventerà un professore di fisica nucleare, la più giovane è Miranda Bonansea Garavaglia, futura voce di Shirley Temple, la quale è chiamata a prestare la voce ad un bambino, Dickie Moore, nel film Venere bionda di Josef von Sternberg, con Marlene Dietrich doppiata da Andreina Pagnani.

Note

  1. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 23
  2. ibidem
  3. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 24
  4. ibidem
  5. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 25
  6. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 26
  7. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 29


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