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GERARDO DI COLA E IL SUO NUOVO LIBRO “ANNA MAGNANI E IL DOPPIAGGIO”

Desirè Sara Serventi per Sledet.com

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Nella foto Pino Colizzi attore e doppiatore italiano, assieme a Gerardo Di Cola alla presentazione del volume “Il Teatro di Shakespeare e il doppiaggio”

 

Dopo aver lavorato riscuotendo un grande successo su “Le voci del tempo perduto” e “Il teatro di Shakespeare e il doppiaggio”, fa nuovamente parlare di se il grande storico del doppiaggio Gerardo Di Cola. Infatti l’esperto sul doppiaggio ha lavorato con la sua qualificata preparazione in materia, e la professionalità che lo caratterizza ad un nuovo saggio su Anna Magnani, che studia il rapporto esistito tra l’attrice e il doppiaggio. Il libro riserva delle grandi sorprese, perché è un’analisi che porta delle innovazioni per quanto riguarda il doppiaggio, argomento di cui non si doveva parlare.

Se le chiedessi di raccontarsi, cosa risponderebbe?
E’ sempre difficile raccontarsi. Sono sempre stato animato dalla curiosità. Da ragazzo vedevo almeno un film al giorno. Quindi tanto cinema per una decina d’anni, scoprendo di avere una grande capacità di riconoscere le voci dei doppiatori. Dopo trent’anni di lontananza dal cinema mi accorgo che sul doppiaggio non c’erano ancora studi approfonditi. Ho abbandonato lo studio delle stelle del firmamento per dedicarmi allo studio delle “stelle” delle sale di doppiaggio.

Dopo “Le voci del tempo perduto” e “ Il teatro di Shakespeare e il doppiaggio” ha lavorato ad un nuovo saggio su Anna Magnani. Com’è nata l’idea per questo testo?
Il nuovo saggio “Anna Magnani e il doppiaggio” studia il rapporto esistito tra la grande attrice e il doppiaggio. Una premessa è necessaria: il cinema italiano è stato un cinema totalmente doppiato. Quindi la Magnani comunque doveva recarsi in sala di sincronizzazione per autodoppiarsi; pongo l’accento che in tre film è stata doppiata. E’ un aspetto mai trattato nelle tante biografie scritte sulla grande attrice. Poi una recente scoperta mi ha letteralmente stordito: Anna Magnani è stata una delle prime attrici italiane a doppiare, cioè a recarsi in sala per far parlare in italiano un’attrice straniera.

Chi era l’attrice in questione?
Mi chiedi troppo. E’ una chicca documentata.

Che cosa analizza nel suo libro?
Il libro analizza la recitazione della Magnani non solo per la sua grande fisicità e spontaneità recitativa, ma anche da quello sonoro, perché il sonoro che si ascolta è altra cosa rispetto a quello proposto durante le riprese. Quest’analisi riserva delle grosse sorprese, almeno io le ho vissute come tali. Il libro, poi, analizza la recitazione in voce della Magnani quando è chiamata ad autodoppiarsi nei film girati negli Stati Uniti. In questi film si confronta non solo con i divi di Hollywood, ma anche con i “divi” delle sale di doppiaggio che prestano la voce ai primi. Anche quest’analisi riserva delle grosse sorprese.

Quindi è una biografia che porta qualche innovazione?
Direi proprio di sì perché è un aspetto che non è mai stato indagato per un semplice motivo: di doppiaggio non si doveva parlare. Lo spettatore non doveva sapere del “gioco” del doppiaggio.

Il progetto vanta diverse collaborazioni?
Certo, innanzitutto il grafico, Giorgio Alaia, che cura, oltre l’aspetto grafico, l’impaginazione e gli indici. Poi c’è il solito staff della casa editrice èDiCola di Chieti che cura tutte le mie pubblicazioni.

Questo libro dà inizio ad una nuova collana editoriale?
Mi piacerebbe ma sono tanti gli impedimenti. La collana si chiama Doppiaggio e Cultura. Con questo lavoro sperimento la formula del libro tascabile di circa 150 pagine. Chi vuole pubblicare una tesi sul doppiaggio o un saggio sul cinema doppiato, può contattarmi a gerdic@libero.it

Sledet.com ringrazia per l’intervista.

 

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