Storia del doppiaggio: Il periodo d'oro

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Scheda a cura di Gerardo Di Cola

Indice

La nascita dei primi stabilimenti di doppiaggio

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Negli stabilimenti Cines-Pittaluga attori come Andreina Pagnani, Carlo Lombardi, Gero Zambuto, Mario Ferrari, Olinto Cristina, Tina Lattanzi, Ugo Ceseri, Umberto Melnati, Sandro Ruffini, Margherita Bagni, Augusto Marcacci e Camillo Pilotto, diretti da un regista già affermato come Mario Almirante, realizzano i primi doppiaggi in Italia. È la primavera del 1932. Si doppiano A me la libertà di René Clair che vince, alla prima Mostra Cinematografica di Venezia, il premio del film più divertente della rassegna, Ragazze in uniforme di Froelich e Sagan, dove la Pagnani, che sarà la più eclettica delle attrici per oltre venti anni, dà la voce a Hertha Thiele; La tragedia della miniera di Pabst e, sempre dello stesso regista, Atlantide dove Umberto Melnati doppia il segretario di Antinea. Tanti sono i film che si riaffacciano sul mercato italiano dopo l'assestamento della rivoluzione del sonoro che, in effetti, ha determinato un rallentamento nelle esportazioni verso l'Italia dei prodotti cinematografici stranieri[1]. È un flusso abnorme di pellicole che costringe i doppiatori a un impegno suppletivo e stimola alcuni imprenditori a investire in sale di sincronizzazione. La forte domanda di doppiaggio non sarà risolta soltanto in termini di quantità, ma soprattutto in termini di qualità, portando in breve tempo il doppiaggio italiano ad essere il migliore del mondo.

Seguendo l'esempio della Cines sorgono tra il 1932 e il 1933 diversi stabilimenti per la post-sincronizzazione del parlato. L'ing. Gentilini fonda la Foto Vox e affida la direzione artistica a Franco Schirato il quale, forte dell'esperienza fatta a Joinville, decide di abbandonare il teatro per il doppiaggio. Il primo film doppiato è Nagana di E.L. Frank[2]. Qualche tempo dopo sorgono la Itala Acustica il cui direttore è Vincenzo Sorelli, regista di teatro lirico, di cinema e documentarista e la Fono Roma fondata dall'Ing. Persichetti che sceglie come direttore di doppiaggio Ruggero Barni, attore del cinema muto, in forza alla Cines fin dal 1914, quindi prima dell'era Pittaluga. Barni partecipa all'ultimo film muto italiano, Antonio di Padova, il santo dei miracoli di Giulio Antamore. Egli risolve la sua esperienza artistica totalmente nel periodo del muto, ma riesce a distinguersi anche come doppiatore prestando la sua voce a Victor McLaglen.

I primi doppiatori stabili

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Persichetti è il primo vero impresario del mondo delle voci. Intuendo che la costituzione di un gruppo stabile di attori da cui attingere per i doppiaggi può risolvere in positivo un'attività ancora tutta da definire nei suoi aspetti principali, egli, con lungimiranza, decide di mettere a stipendio un certo numero di doppiatori che scelgono di dedicare alla nuova professione una congrua parte del proprio tempo lavorativo. Tra questi, per esempio, Clelia Bernacchi, che giunge a Roma da Milano nel 1935 con l'intento di dedicarsi al teatro e al cinema. Qualcuno la porta alla Fono Roma dove c'è la possibilità di guadagnare 500 lire al mese. Persichetti le fa il provino di rito e, trovando la sua voce adatta per il doppiaggio, la inserisce nella sua organizzazione dove da poco opera anche Cesare Polacco[3]. Nasce tra i due attori un stretto legame che indurrà Clelia a scegliere fondamentalmente di fare la doppiatrice. Come Tina Lattanzi, la quale, in un'intervista al settimanale "Oggi Illustrato", confessa di essere rimasta confinata nelle buie stanze delle sale di sincronizzazione per amore, dedicandosi a quel lavoro, oscuro e avvilente da milite ignoto del cinema, dopo aver vissuto per anni il fascino dell'esperienza teatrale e la ribalta di quella cinematografica. Non soltanto le attrici scelgono l'attività di prestare la voce per comodità. Mario Besesti e Romolo Costa, per ragioni strettamente familiari e personali, preferiscono rimanere stabilmente a Roma. Così i cognati (hanno sposato due sorelle), Emilio Cigoli e Giulio Panicali, i quali sono consapevoli di poter avere dal mondo del doppiaggio grandi soddisfazioni per le qualità non comuni delle loro voci.

La Fox, la Warner e la Paramount, che sta concludendo l'esperienza non esaltante e di transizione di Joinville, decidono di servirsi della Fono Roma, mentre la M.G.M. - Metro-Godlwyn-Mayer impianta un proprio stabilimento nel febbraio del 1933 in via Maria Cristina n° 5 in Roma, nell'ex sede dell'Eiar. La MGM invia Augusto Galli, che ha dato prova di grande professionalità, a dirigere le nuove sale di sincronizzazione dove il primo film doppiato è La rumba dell'amore di W. S. Van Dyke. Seguono Il campione di King Vidor con il ragazzo, Jackie Cooper, doppiato da Rina Ciapini Morelli che sarà la prima voce di Katharine Hepburn e Ingratitudine di Clarence Brown con Myrna Loy doppiata da Tina Lattanzi.

L'ultima società ad affacciarsi con un proprio stabilimento sulla scena del doppiaggio è la Caesar di Barattolo alla fine del 1933. Il film d'esordio è Il milione di René Clair dove Lydia Simoneschi doppia Annabella, seguito da Ultima compagnia dove Carlo Lombardi presta la voce a Conrad Veidt; in sala di registrazione ci sono anche Andreina Pagnani e Loris Gizzi. La tendenza evidenziabile dai pochi documenti reperibili dell'attività di sincronizzazione del parlato a metà degli anni '30 è che i film vengono doppiati nell'arco di qualche giorno[4]. Nel 1935, da lunedì 15 a sabato 20 aprile si doppia Resurrezione della U.A., da lunedì 3 a sabato 8 giugno La moglie indiana della Paramount, da mercoledì 10 a lunedì 15 luglio Il conte di Montecristo della U.A., da lunedì 29 luglio a sabato 3 agosto Il grande Barnum della MGM, da lunedì 5 a sabato 9 Pattuglia d'allarme della Paramount. In questo stesso mese si doppia Frankenstein della Universal e, da giovedì 21 a martedì 26 Il cardinale Richelieu della Fox e, sempre della Fox, da lunedì 2 a giovedì 5 dicembre Il richiamo della foresta, e, a seguire, dal 6 al 9 La moglie in vetrina, dal 10 al 13 Una notte al castello della Paramount. L'assistente di doppiaggio di questi film è Amedeo Giovacchini che guadagna 500 lire a pellicola[5].

L'esperienza degli attori italiani fatta a Joinville induce i responsabili degli stabilimenti di sincronizzazione a servirsi di loro per iniziare la nuova attività del doppiaggio che deve portare lo spettatore italiano a godere il film senza l'assillo della didascalia che distrae, non chiarisce, affatica, non coinvolge. La necessità ha, quindi, determinato la formazione di alcuni gruppi di attori che, tra una rappresentazione teatrale e una partecipazione al cinema, non disdegnano di doppiare film stranieri per un guadagno non lauto, ma sicuro e immediato[6]. C'è anche una certa comodità nel lavoro non itinerante del doppiatore, che deve spostarsi soltanto da uno stabilimento all'altro e non deve sottoporsi a estenuanti memorizzazioni di più testi teatrali come la consuetudine dell'epoca richiede. Questi primi doppiatori, guidati da registi di esperienza consolidata, con alle spalle anni di palcoscenico nelle compagnie più accreditate degli anni '20 e '30, gettano solide basi per una attività che qualche anno più tardi li porterà ad essere considerati, incomprensibilmente e contraddittoriamente, attori non completi. Interpretando i desideri del pubblico, come hanno imparato sulle scene, lavorando solamente sulla espressività vocale, questi pionieri cercano, attraverso una vasta gamma di timbri e tonalità, di aderire il più possibile al volto di turno, instaurando con lo spettatore dapprima un sottile legame che il tempo rende sempre più coinvolgente fino a raggiungere una dimensione di dipendenza psicologica. Il pieno godimento dell'opera filmica è subordinato alla presenza o meno delle stesse voci, sempre quelle, e non importa se esse si posano ora su un volto ora su un altro. È soprattutto un lavoro di insieme, riconoscibile, che viene recepito come rassicurante da un pubblico che ancora vive la finzione cinematografica come una esaltazione magica della creatività dell'uomo. Il fascino di quelle voci alimenta una evidente seduzione, sempre più marcata, sulle emozioni degli spettatori. Tutti sono consapevoli che gli attori stranieri non parlano con la loro voce, ma ciò non si configura come un problema per nessuno se non per alcuni intellettuali che, ritenendo il doppiaggio una alterazione inaccettabile dell'opera filmica, pretendono attraverso un sondaggio proposto nel 1940, di verificare che la loro tesi è condivisa dai più[7]. Il sondaggio fatto per mezzo di una rivista specializzata coinvolge non soltanto gli addetti ai lavori, ma certamente quelle persone che si interessano di cinema, una esigua minoranza rispetto alla popolazione italiana. Ciò nonostante vincono di stretta misura i sostenitori del doppiaggio, ma la campagna contro la sostituzione delle voci, iniziata già da qualche tempo, getta un'ombra sugli attori-doppiatori che si ritrovano confinati in spazi sempre più lontani dalla ribalta, dove non bisogna guardare e la qualifica di attore non deve aleggiare.

Le voci storiche italiane

Una coppia teatrale e di rivista di notevole impatto dagli anni '30 agli anni '50: Umberto Melnati e Vittorio De Sica in Il signor Max (1937), di Vittorio De Sica

Tuttavia in questo periodo si approntano doppiaggi da antologia e le voci che li realizzano si proiettano stabilmente nel futuro. Le leggi ferree della disciplina sono sancite. La guerra imminente, che riuscirà a sconvolgere il mondo, non scalfirà quello delle voci, le quali dopo il suo passaggio si ritroveranno più fresche e potenti di prima, divenendo maestre per quelle future. I doppiatori più presenti in questo periodo negli studi di doppiaggio sono Tina Lattanzi, Romolo Costa, Gino Cervi voci, rispettivamente, di Marlene Dietrich, Brian Aherne, Lionel Atwill in Il cantico dei cantici, Marcella Rovena e Romano Calò di Barbara Stanwyck e Adolphe Menjou in Proibito, Olinto Cristina di Wallace Berry in Il lottatore, Cuori in burrasca, Pranzo alle otto, Nella Maria Sonora e Mario Ferrari di Peggy Shannon e Sidney Blackmer in Distruzione del mondo, Paola Barbara, Lamberto Picasso, Renato Cialente di Marion Davies, Gary Cooper, Douglas Dumbnlle in L'agente n° 13, Renzo Ricci di Nils Aster e Herbert Marshall in L'amaro tè del generale Yen e Quando una donna ama, Amilcare Pettinelli e Nella Maria Bonora di John Barrymore e Carole Lombard in XX secolo, Lydia Simoneschi di Carole Lombard in La bisbetica innamorata, Sergio Tofano di Robert Williams in La donna di platino, Nella Maria Bonora di Claudette Colbert in Cleopatra, Gino Cervi, Nella Maria Bonora, Paolo Stoppa di Clark Gable, Claudette Colbert, Roscoe Karns in Accadde una notte, Gino Cervi e Mario Ferrari di John Boles e Jack Haley in Abbasso le bionde, Camillo Pilotto, Lydia Simoneschi, Corrado Racca, Giulio Panicali di Victor McLaglen, Margot Grahame, Preston Foster, Wallace Ford in Il traditore, Romolo Costa, Lia Orlandini, Gualtiero De Angelis di Charles Bickford, Elizabeth Young, Frank Albertson in All'est di Giava, Tina Lattanzi, Romolo Costa, Gino Cervi, Elsa Merlini, Nino Besozzi, Umberto Melnati di Joan Crawford, Clark Gable, Franchot Tone, May Robson, Nelson Eddy, Fred Astaire in La danza di Venere, Giulio Panicali, Lia Orlandini, Emilio Cigoli di Nelson Eddy, Jeanette MacDonald, John Barrymore in Primavera, Andreina Pagnani e Carlo Romano di Ginger Rogers e Fred Astaire in Cappello a cilindro, Gino Cervi di William Powell in L'impareggiabile Godfrey, Vittorio De Sica, Umberto Melnati, Giuditta Rissone, Fosco Giachetti di Louis Hayward, Colin Clive, Miriam Hopkins, Paul Munì in Adorazione, Romolo Costa, Lydia Simoneschi, Mario Besesti, Emilio Cigoli, Corrado Racca, Cesare Polacco di Gary Cooper, Jean Arthur, George Bancroft, Douglas Dumbnlle, H.B Warner, Wryley Birch in È arrivata la felicità, Corrado Racca e Giovanna Scotto di Warner Oland e Katherine De Mille in Charlie Chan alle Olimpiadi[8].

Note

  1. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 41
  2. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 42
  3. ibidem
  4. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 42
  5. ibidem
  6. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 43
  7. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 44
  8. G. Di Cola - "Le voci del tempo perduto", p. 45


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