Malcolm X

Da Enciclopedia del Doppiaggio.it.


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Malcolm X (1992)
Malcolm X | USA
regia di Spike Lee
202 min | colore, B/N | drammatico, biografico
una produzione Spike Lee, Marvin Worth, Monty Ross
scritto da Spike Lee, Arnold Perl, James Baldwin (non accreditato)

soggetto Spike Lee, Alex Haley (tratto dall'autobiografia di Malcolm X)
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Interpreti e personaggi
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Doppiatori originali
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Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani
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Doppiatori italiani
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Doppiaggio italiano: C.D.C.
Direzione del doppiaggio: Cesare Barbetti
Adattamento dialoghi italiani: Mario Polinelli
Assistente al doppiaggio: Isabella Marucci
Fonico di doppiaggio: {{{fonicodoppiaggio}}}
Fonico di mix: {{{fonicomix}}}
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Edizione italiana: {{{edizioneitaliana}}}
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Effetti speciali a cura di {{{effettispeciali}}}
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Premi:
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Fotografia di Ernest Dickerson
Musiche di Terence Blanchard, Branford Marsalis
Effetti speciali a cura di {{{nomeeffettispeciali}}}
Montaggio di {{{nomemontatore}}}
Scenografie a cura di Wynn Thomas
Premi:
* Oscar3.png Festival di Berlino 1993: Orso d'Argento per il miglior attore (Denzel Washington)


« - Nel nome di Allah il benefico e il misericordioso, colui cui ogni lode è dovuta, il Signore di tutti i mondi che sempre sia lodato, colui che venne a noi nelle spoglie del maestro Farah Mohammed e che allevò il molto onorevole Elija Muhammed, noi diciamo: As-Salam Alaikum. Come vi sentite? Chi volete ascoltare?
- MALCOLM X!
- E allora facciamolo salire sul pulpito! Ascoltiamo le parole del nostro pastore Malcolm X!
 »
(L'incipit del film)

Malcolm X è un film del 1992, diretto da Spike Lee. È basato sull'Autobiografia di Malcolm X, scritta dal leader afroamericano con la collaborazione di Alex Haley. Quest'ultimo non vide il film ultimato, poiché morì il 10 febbraio 1992.

È stato il primo film occidentale a presentare alcune sequenze girate in un luogo sacro (La Mecca), con il permesso di un tribunale islamico.[1] Il film fu girato anche negli Stati Uniti, in Egitto, in Sudafrica e in Arabia Saudita.[2]

Nel 1993 il film ricevette due nomination agli Oscar: per il miglior attore protagonista (Denzel Washington) e per i costumi (Ruth Carter), e una ai Golden Globe (per il miglior attore in un film drammatico). Fu presentato in concorso al Festival di Berlino, dove Washington si aggiudicò il premio come miglior attore.

Per assistere alla prima del film Spike Lee invitò tutti gli afroamericani a scioperare e a marinare la scuola: «Vi insegnerò una parte di storia americana che finora è stata tenuta nascosta», dichiarò.[1]


Indice

Trama

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Attenzione, da qui in poi questo articolo contiene spoiler.

Sui titoli di testa della pellicola una voce fuori campo chiama Malcolm X sul palco. Una volta arrivato, il leader afroamericano inizia il suo discorso.

Su quelle parole una bandiera statunitense brucia, fino a diventare una gigantesca X. Intanto scorrono le immagini del pestaggio di Rodney King, avvenuto per mano di un gruppo di poliziotti bianchi nel 1991, che provocò una durissima rivolta nei ghetti afroamericani di Los Angeles]

Negli anni quaranta, in Michigan, Malcolm X si fa chiamare Big Red, per via della sfumatura rossa, insolita per un afroamericano, di cui va molto fiero. Malcolm è figlio di Louise Little, una donna afroamericana dalla pelle chiara perché sua madre venne stuprata da un bianco. Il padre, Earl Little era un predicatore battista, ucciso dal Ku Klux Klan. Malcolm vuole somigliare a tutti i costi ad un bianco, e si fa stirare i capelli per ottenerlo.

Con il suo miglior amico Shorty, Malcolm spaccia whisky di contrabbando, fa uso di droghe, frequenta prostitute e scommette clandestinamente. Grazie ai soldi guadagnati facilmente, Malcolm veste abiti sgargianti e frequenta i locali alla moda. Ha due donne: Laura, ragazza afroamericana di famiglia borghese, e Sophia, ragazza bianca un po' perversa.

Nel 1946 Big Red, diventato nel frattempo Little Satan (piccolo Satana), viene arrestato e condannato a dieci anni di carcere. Lì inizia la sua trasformazione. Conosce infatti, tramite Baines, gli insegnamenti di Elijah Muhammad, un predicatore musulmano, e grazie ad esso riconquista il rispetto per la vita e l'orgoglio di essere afroamericano. Inizia a leggere molti libri, quindi un giorno s'inginocchia e alza il palmo delle mani in segno di sottomissione al volere di Allah.

Ma "il molto onorevole Elijah Muhammad", come viene chiamato dai suoi adepti il predicatore, oltre a insegnare ad aver rispetto per le proprie origini, educa anche all'odio verso «il diabolico uomo bianco con gli occhi azzurri, creato per essere un diavolo, per portare il caos sulla terra».

Malcolm esce dal carcere nel 1952, tre anni prima della scadenza della pena, per buona condotta. Adesso è un uomo molto diverso: indossa gli occhiali perché è diventato miope a forza di leggere. Malcolm incontra Elijah Muhammad e diviene in breve tempo il suo portavoce, quindi inizia una campagna di proselitismo. Inoltre cambia il suo cognome, Little, con la X, in attesa che Muhammad gli dia un nome santo. Nel frattempo si sposa con Betty X, una devota di Muhammad.

Nel 1954 Malcolm viene nominato pastore del più importante tempio islamico di New York, la Moschea numero 7. In otto anni la Nation of Islam, grazie anche al lavoro di Malcolm, passa da 400 a 30.000 membri. Ma il successo sempre più forte di Malcolm X preoccupa l'F.B.I., che lo sorveglia già da un anno. Quando Elija Muhammad parte in pellegrinaggio per la Mecca, gli affida la direzione della Nation of Islam.

Quando, nel 1963, John Kennedy viene assassinato, Malcolm rilascia dichiarazioni dure e spietate («Quando i polli tornano a casa per farsi arrostire io non sono triste»),[3] che provocano l'ira di Elijah Muhammad, che lo sgrida pubblicamente e gli impone il silenzio per 90 giorni. L'intervento di Muhammad è causato anche dalla paura, poiché Malcolm sta diventando troppo potente e troppo ben visto dalla comunità afroamericana. In realtà Muhammad conduce una doppia vita: predica la moralità, l'autodisciplina e il rispetto verso le donne, mentre di nascosto ha relazioni con varie donne. Malcolm si è sempre rifiutato di credere a queste voci, ma quando due giovanissime segretarie gli confessano di essere incinte del "molto onorevole Elija Muhammad", lui si sente tradito.

Nell'aprile 1964 Malcolm compie il suo primo viaggio alla Mecca. Lì incontra uomini di tutte le razze, tutti uguali davanti ad Allah. Trascorre quelli che definisce «giorni di paradiso», fianco a fianco con «fratelli musulmani che hanno gli occhi più azzurri, i capelli più biondi e la pelle più bianca di tutti gli uomini bianchi che ho conosciuto».[3] Al suo ritorno negli Stati Uniti Malcolm è radicalmente cambiato, e afferma: «L'Islam è l'unica religione capace di cancellare il problema razziale dalla società».[3] Cambia inoltre il suo nome in El-Hajj Malik El-Shabazz.

Malcolm è pronto a fondare un proprio movimento politico, alternativo alla Nation of Islam. Il movimento si chiama Organizzazione dell'Unità Afroamericana ed è basato sull'idea dell'integrazione delle razze e delle culture. «Ci possono essere anche in America uomini bianchi sensibili alle idee dell'OUA, con cui poter collaborare».[3] Dicendo questo Malcolm sa di rischiare la vita. Nel frattempo inizia a scrivere la sua autobiografia, insieme ad Alex Haley.

Il 21 febbraio 1965, a New York, l'OUA organizza una grande manifestazione. La sala è gremita. In prima fila ci sono Betty e i figli di Malcolm. Lui sale sul palco, saluta i presenti e quando sta per iniziare il suo discorso viene colpito da una serie di proiettili. Cade a terra, colpito a morte da sedici colpi di fucile, mentre la folla è nel panico.

La voce di Ossie Davis recita l'elogio funebre di Malcolm X. In Sudafrica, nel 1992, uomini, donne e bambini indossano dei cappellini con al centro una grande X e urlano «Io sono Malcolm X!», mentre Nelson Mandela dichiara «come diceva il fratello Malcolm: dichiariamo che è nostro diritto essere rispettati come esseri umani su questa terra, in questa società, in questo giorno. Un diritto che vogliamo far esistere...». quindi viene interrotto dalla vera voce di Malcolm X, che conclude «con ogni mezzo necessario.»

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Critiche

La critica cinematografica si divise sul film, ma fu unanime nel considerare ottima l'interpretazione di Denzel Washington.[4]

Negli Stati Uniti il film fu ritenuto imperfetto ma allo stesso tempo importante. La rivista Rumore scrisse: «Malcolm X, per il semplice fatto di essere stato realizzato, è un grande successo. Nonostante i suoi limiti, il film ha la "grandeur" e il piglio del miglior cinema classico».[5]

Il noto critico cinematografico Roger Ebert apprezzò molto il film, scrivendo: «Malcolm X è una delle migliori biografie portate sul grande schermo. Denzel Washington sta al centro del film, in una performance di enorme bravura. Il film è fonte di ispirazione e di istruzione, ed è anche divertente, come deve essere soprattutto un film».[6]

Alcuni critici sottolinearono le diverse omissioni rispetto all'autobiografia, e dichiararono che il personaggio di Malcolm X era stato edulcorato da Spike Lee.[7]

Tra le recensioni negative vi fu quella del The New Yorker, che scrisse: «Il film è impersonale e deludente e non fornisce una nuova fresca visione dell'Autobiografia di Malcolm X».[8]

In Italia il film riscosse delle critiche migliori rispetto agli Stati Uniti. Morando Morandini, nel suo dizionario, assegna al film tre stelle e commenta: «Pur con il suo pittoresco stereotipato, i passaggi agiografici, le omissioni strumentali, i manierismi, le astuzie oratorie, il film è un ritratto di un principe, diretto da un direttore d'orchestra che conosce bene la sua musica».[9]

Enzo Siciliano scrisse: «Malcolm X è un film di grande oratoria e di grande lusso, cui non mancano sequenze belle e altre impressionanti. Fa premio su tutto un Denzel Washington quanto mai somigliante al vero Malcolm, dapprincipio mobile come un elastico, aggressivo e mordace come un lupo; quindi irrigidito nel misticismo: infine teso e dolente nel carisma del grande leader».[10]

Per Fernanda Moneta, autrice della biografia di Spike Lee, il film «non è il migliore realizzato da Spike Lee, ma sicuramente è il più grandioso. Non è una pesante celebrazione, né un'opera didattica, non è un film di propaganda politica, né un'indagine sociologica. È piuttosto la cronaca di un'esperienza di vita, una storia esemplare».[1]

Collegamenti ad altre pellicole

Note

  1. 1,0 1,1 1,2 Fernanda Moneta, Spike Lee, Milano, Il Castoro Cinema, 1998.
  2. Locations for Malcolm X (1992). URL consultato il 19 gennaio 2008.
  3. 3,0 3,1 3,2 3,3 Malcolm X & Alex Haley, Autobiografia di Malcolm X, , 1964.
  4. Errore nella funzione Cite: Marcatore <ref> non valido; non è stato indicato alcun testo per il marcatore libroAUTOBIOGRAFIA
  5. Charles Myers, Malcolm X, New York, Rumore, 1993.
  6. Roger Ebert. Malcolm X. URL consultato il 21 gennaio 2008.
  7. Giona A. Nazzaro, Spike Lee. Tutti i colori del cinema, Milano, Stefano Sorbini Editore, 1996.
  8. Metacritic: Malcolm X Reviews. URL consultato il 21 gennaio 2008.
  9. Morando Morandini, Il Morandini. Dizionario dei film 2006, Bologna, Zanichelli, 2006.
  10. Enzo Siciliano, L'Espresso, 28 marzo 1993.

Collegamenti esterni

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